Saturday, 21 December, 2024

Capitolo XII – Davide e Golia



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Capitolo XII – Davide e Golia

 

“…è il bisogno di offrire una base di conforto a chi si avvia disperato verso una ineluttabile fine; è la nostalgia di varcare le soglie dell’avvilente impotenza professionale malamente coperta da ambigue affermazioni e futuristiche, immaginarie promesse, intanto che l’Umanità soffre, piange e muore” (Luigi Di Bella)

 

L’anno che sta per concludersi è gravido di eventi. Luigi è l’unico a comprendere sino in fondo natura ed interconnessioni di un mondo ostile alle sue idee, e l’unico consapevole che il bandolo della matassa non è tra le mani di istituzioni mediche e ministeriali italiane (o di altri paesi occidentali), ma tra quelle degli “Invisibili”, dei senza patria che condizionano i destini del mondo. Ha già avuto prove che la “controparte” non si ferma di fronte a nulla, per ripugnante che sia, pur di tutelare la torre di menzogne eretta a difesa di interessi multiformi e del delineato sistema di dominio stratificatasi in decenni. E teme per la sua vita.

Quel Natale dona al figlio Adolfo un anello con un brillante, così come aveva fatto con Pippo cinque anni prima in occasione del compimento del cinquantesimo anno d’età. Ma quando Adolfo fa notare al padre che compie quarantanove e non cinquant’anni, questi gli risponde: “Lo so, ma potrei non esserci più tra un anno”. Il dono è accompagnato da un biglietto: “Son cinquant’anni che ti estrassi dalla mamma, ti lavai, asciugai, vestii per primo; apristi smarrito gli occhi ai primi raggi di luce, esprimesti indeciso la prima impressione alla prima goccia di caffè che ti versai in bocca. Fra cinquant’anni questo foglio ingiallito ti ricorderà forse un evento ormai solamente tuo”.

 

Ma avevano ragion d’essere i timori dello scienziato? Cosa si pensava, progettava, temeva “colà dove si puote ciò che si vuole?”. Basandoci sui fatti e sul presumibile clima vigente nella stanza dei bottoni, siamo portati a ritenere che la decisione presa fosse quella di astenersi da ulteriori tentativi di violenza, ma stare a guardare imponendosi la calma e limitandosi a proclamare il primo stadio di preallarme.

Forse la cosa sarebbe finita là dove era cominciata; bastava avere pazienza e, passata la moda della melatonina, con il companatico di qualche altro annetto, di Luigi di Bella non si sarebbe più sentito parlare. Morto poi lui, inizialmente la tattica da discorso di Marco Antonio davanti alle spoglie di Cesare – “Di Bella era certo un uomo d’onore, ma…”, e infine, sbiaditi ricordo e commozione popolare per la scomparsa e una volta completata la purga ai vertici di tv e giornali, la fase due – l’Hiroshima sulla sua figura – e la tre – sguinzagliamento di falsari e caccole d’uomo disposti a tutto pur di avere e di apparire.

Purtroppo …per una inescusabile distrazione il suo nome era venuto fuori, ne avevano parlato molti giornali ed erano andate in onda due interviste, pesanti, anche se su emittenti secondarie. In realtà le due interviste erano state viste da molti ed avevano lasciato una impressione profonda. Partendo dal concetto che è molto più incisiva, e attendibile, qualche frase pronunciata da un uomo superiore di un’intera collana di testi di commenti altrui, è utile riportare alcuni degli stralci più significativi delle due interviste, già citate nel precedente capitolo.

…oggi si adopera il principio della chemioterapia, che si fonda sui vecchi concetti immunitari, che derivano a loro volta dalle vecchie idee della immunoterapia: ‘frapper vite, frapper fort’, colpire presto, colpire forte, ciò è a dire con sostanze che siano capaci di uccidere questi che noi consideriamo essere elementi abnormi, cioè gli elementi neoplastici. Questa la ragione per la quale sorge la chemioterapia. Sarebbe quindi necessario adoperare sostanze capaci di uccidere le cellule neoplastiche per liberare l’organismo da questa degenerazione. E più un sogno che una realtà, in quanto premette una cosiddetta tossicità differenziale, cioè una sostanza che sia tossica per le cellule neoplastiche e non lo sia per le cellule normali. Che io sappia una sostanza che si adatti a queste caratteristiche per ora non c’è. In considerazione di questi fatti, ho respinto la chemioterapia, dato che vedevo le distruzioni che operava e le morti che provocava: ne ho visti morire tanti.

Allora mi sono rivolto verso un altro principio, cioè quello di creare le condizioni biologiche tali da impedire la ulteriore proliferazione delle cellule neoplastiche senza distruggere le preesistenti. Quindi creare un ambiente biologico ostile, ma non un ambiente farmacologico tossico.

Ho scelto, tra tutta la letteratura esistente, le sostanze che, ad una minima tossicità accoppiassero la dimostrata capacità di incidere su uno o più processi che si svolgevano nel corso di un processo di guarigione ovvero di evoluzione dei tumori. Sono arrivato ad una conclusione: non c’è e non ci sarà mai una singola sostanza capace di guarire un tumore. Ma si tratta invece di un complesso di sostanze che agiranno centripetamente sulla cellula neoplastica e che incideranno, di volta in volta, contemporaneamente ovvero successivamente, su una della miriade di reazioni biologiche che sono responsabili della vita di queste cellule.

Da qui è venuta non una sostanza, ma un metodo: e c’è una differenza sostanziale. Questo metodo non l’ho creato io come singole sostanze. Il mio merito, se c’è, sta nell’avere scelto, nell’avere accoppiato, nell’avere adoperato sostanze che non avevano alcuna tossicità (potevano avere casomai un effetto trofico, perchè le persone trattate così stanno meglio) e potevano un po’ la volta impedire la crescita del tumore, addirittura provocare la fine della cellula neoplastica. A questo punto credo di essere arrivato.”

E poco oltre:

…il silenzio nei confronti di una persona non dipende solo dai meriti e dai demeriti che ha… Quando ho comunicato a Nuova Delhi, congresso mondiale di Fisiologia, casi di applicazione nell’uomo, in casi particolarmente di leucemie, della melatonina, ho avuto un buon applauso. Nessuno ne ha mai parlato, in Italia. C’era il silenzio; ci doveva essere il silenzio. Perché riguardava le leucemie. Ma capirà …le curavano gli ematologi. Un fisiologo non si deve mai azzardare a invadere il campo dei clinici, in modo particolare dell’ematologo. Per cui la mia ricerca è stata fatta sempre in silenzio, in un prudente silenzio, ed ho potuto comunicare soltanto nei congressi stranieri.

Ci sono campi separati, non intercomunicanti. Se non c’è il travaso del sapere del neurologo nel campo dell’ematologia e nel campo dell’oncologia, il problema del cancro c’è e rimarrà. Se non c’è il travaso del sapere e dell’applicazione del sapere da un campo all’altro, noi rimarremo sempre a questo punto, e la gente soffre, muore e continuerà a soffrire ed a morire.

Quando l’intervistatrice gli chiede quale sia la sua gratificazione, Luigi risponde con parole che rimangono impresse nella mente e nell’anima:

Non ho bisogno di gratificazioni. Io sono arrivato ad una semplice morale…forse certe volte meraviglio anche i miei figli. La mia morale è questa: ringrazio il Padreterno della sofferenza che mi ha dato, perché attraverso la sofferenza ho imparato cosa è la vita.

Nella seconda intervista, di pochi mesi successiva, lo scienziato espone punti della sua concezione con parole chiare e comprensibili anche ad un profano:

…una cellula, per vivere, ha bisogno di un certo numero di fattori, relativi alla sua vita stessa. Ma la cellula tumorale non deve soltanto vivere, ma anche riprodursi, ed una delle caratteristiche essenziali del tumore è quella della riproduzione, che è antieconomica, disordinata, abnorme. Quindi i fattori che occorrerebbe adoperare sono quelli che riguardano la moltiplicazione di queste cellule. Per moltiplicarsi una cellula ha bisogno di fattori che la stimolino alla riproduzione. Sono i cosiddetti fattori di crescita. Uno dei mezzi sui quali mi fondo io è proprio quello della eliminazione di questi fattori di crescita. Uno dei più potenti di questi fattori è l’ormone della crescita dell’ipofisi anteriore. Io quindi propongo l’uso di sostanze che bloccano la produzione dell’ormone della crescita.

Ma occorre agire con molteplici strumenti terapeutici… . Il tumore nasce con determinate caratteristiche anatomo-fisiologiche. Ma man mano che procede, la vita stessa del tumore cambia. Curare un tumore senza tener conto dell’evoluzione nel biochimismo del tumore stesso è improprio. Bisognerebbe quindi tener conto non solo delle caratteristiche di nascita del tumore, ma anche dell’evoluzione che nel corso della sua vita il tumore stesso viene ad assumere… . Se non si ha una visione squisitamente dinamica della vita e della fisiologia del tumore, si rischia sempre di sbagliare nella impostazione della terapia, perché il tumore di domani non sarà quello che è ora; quindi anche i mezzi per poterlo aggredire o cambiarne la vita cambieranno nel tempo. Io mi accorgo che l’individuo che ha subìto la chemioterapia è meno responsivo alle metodologie che io in un secondo momento sono costretto ad adottare.

Un’altra conseguenza che credo di avere riscontrato è la maggior frequenza con la quale un tumore trattato con chemioterapia si metastatizza. Rigettando la chemioterapia, i metodi che bisogna adoperare per impedire, ostacolare, modificare la crescita del tumore, sono tanti. E ciascuno di questi strumenti incide sopra un aspetto particolare della vita del tumore. Ora, l’azione di un determinato farmaco interferisce con quella di un altro farmaco, quindi si tratta dell’azione di un farmaco sopra quella di un altro farmaco, e di un altro farmaco ancora, e così via. In altre parole, sarebbe come, nel calcolo infinitesimale, fare la derivata prima di una funzione, poi la derivata seconda, la terza e così via. Io posso fare la ennesima derivata di una funzione1. Insomma, anche qui è lo stesso. E la derivata cambia a seconda del punto dal quale ero partito, cioè dal punto al quale era arrivata la funzione, e poi dal metodo che ho adoperato, che si distingue da tutti gli altri per la qualità, per le modalità di somministrazione, per l’ammalato sul quale agisce, per i precedenti dell’ammalato stesso, per tutti i trattamenti che ha subìto prima. Quindi per aspetti che sono squisitamente medici.

Non è concepibile un individuo che cura solamente i tumori. C’è il medico, il quale ha una particolare cultura per quel determinato campo, ma deve essere sempre e profondamente medico. Deve sapere ascoltare un cuore e determinare la pressione, poter delimitare un fegato, sapere l’entità di un versamento in un cavo pleurico o in una cavità pericardica, individuare quali riflessi ci sono, quali sono scomparsi, quali sono alterati, se c’è una metastasi cerebrale. L’oncologo dovrebbe essere un medico internista tra i migliori che si possano immaginare, perché deve poter svelare ed interpretare quanto avviene nell’organismo dell’ammalato.

Una concezione che molti, anche senza specifica competenza, sono in grado di comprendere fosse e sia troppo logica, troppo intelligente, troppo profonda, troppo colta, troppo vera per un mondo che educa ed ammaestra alla superficialità ed all’accettazione di vuota terminologia e indirizzi preconfezionati.

In una situazione così delicata e silenziosamente minacciosa, anche se si trattasse “soltanto” di convincere l’ambiente medico scientifico prevalente e di vincere le resistenze di privilegi di casta, occorrerebbe adottare misure e comportamenti assolutamente incompatibili con le abitudini di vita e l’indole di Luigi: in primis organizzare in qualche modo i rapporti esterni, sarchiare i contatti con i mass media, mediare tra la sua sensibilità umana e la necessità di tutelarne la salute. Sarebbe necessario si fondessero nella medesima persona il “pelo sullo stomaco” e la capacità di capire profondamente l’uomo, le sue idealità, le vastissime implicazioni umanitarie, scientifiche, storiche e sociali della sua opera. Occorrerebbe, in una parola, essere mossi unicamente da idealità, avere l’esatta percezione del momento e non farsi cogliere impreparati dagli eventi.

Ruolo assai difficile per non dire impossibile, perché chi vive nel bene e del bene fatica a vedere il male nelle persone o nelle loro azioni, mentre chi naviga a suo agio nelle acque dell’ipocrisia e del deteriore pragmatismo considera bontà ed onestà mera alloccaggine ed ha come unico ideale quello di riempirsi le tasche a spese del prossimo. L’ideale sarebbe una persona che unisse in sé il radar del mascalzone ed il nitore del galantuomo o, volendo ricorrere a termini meno estremistici, capacità di fiutare e prevenire il male insieme a purezza di cuore.

Intorno allo scienziato si stringerà invece, talvolta opprimente, un assedio attuato da farabutti mediocri che cercheranno con ogni mezzo di tener lontani i figli e i pochi veri amici. Pippo e Adolfo, come si suol dire, debbono tirare la carretta per vivere, ma per il momento riescono a tamponare le esigenze correnti. E’ ovvio che a loro, prima e più che a qualsiasi altro, stia a cuore la salute dello padre, anche se non sarebbe difficile capire a nessuno che da questa dipendono il bene dei malati ed il progresso scientifico.

Sono proprio i figli a costituire il principale ostacolo per jene e sciacalli, le cui risa ed i cui ululati già circondano via Marianini. Un compito arduo, che difficilmente il lettore può riuscire ad immaginare se non ricorriamo – per brevità – alla metafora del primo giorno dei saldi di stagione. Luigi Di Bella é per molti la classica gallina dalle uova d’oro, per cui, se non si riesce a trasferirla nel proprio pollaio …si cerca di prendere a braccetto chi l’uno, chi l’altro dei figli, con ostentazioni di fede incrollabile e giuramenti – spada sguainata – d’esser pronti a sacrificare anche la propria vita. Non sembri rappresentazione dei fatti troppo calcata, perché i fatti vengono riferiti esattamente come sono stati. Molte volte la verità appare troppo incredibile per sembrare vera.

A novembre a Luigi viene proposto di partecipare ad un convegno sulla melatonina fissato per la fine di gennaio del ’97 a Reggio Calabria. L’iniziativa è annunciata da diverse agenzie di stampa, quotidiani e da alcune riviste mediche2. Alla riunione, patrocinata dal Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica, dalla facoltà di medicina di Catanzaro e dall’Ordine dei Biologi e dei medici delle province calabresi, sono presenti alcuni medici e ricercatori che avevano partecipato all’incontro di Monza pochi mesi prima. Evidentemente il tentativo repressivo esperito nei confronti della sostanza e degli studiosi che vi si dedicavano aveva causato una reazione sufficientemente energica da indurre, se non timori, quantomeno un po’ di cautela. Come si è osservato prima, doveva avere prevalso la convinzione che tutto si sarebbe dissolto, una volta passata la “moda” per la melatonina: a chi per indole é portato a mentire, sfugge sempre la forza della verità.

Reggio Calabria, 25 gennaio 1997

Luigi scrive una relazione di nove pagine, che Adolfo ricopia e stampa col computer, spedendola al comitato organizzativo del convegno. Il 25 gennaio la famiglia Di Bella al completo è presente a Reggio Calabria.

Presenteranno relazioni sull’impiego della Melatonina secondo la metodologia dello scienziato anche Pippo, Minuscoli, ed altri medici; a questi lavori si aggiungerà la comunicazione di Michele Falcone, un biologo già da tempo in cordiali rapporti con il fisiologo. Appare subito chiaro che il vero protagonista del convegno è Luigi, nominato Presidente Onorario: tutti i partecipanti, con maggiore o minore comprensione delle sue idee, ne attendono l’intervento. Quando si avvicina al leggio dove è stato montato il microfono, nella sala scende un silenzio assoluto. Inizia a tracciare la cronistoria delle ricerche e delle prime applicazioni cliniche relative alla melatonina, puntualizzando che la sostanza, da sola, ha limitato impatto in una terapia antitumorale. Parla quindi degli altri componenti del Metodo, richiamandone effetti e logica d’impiego. Uno dei passi che citiamo pone l’accento sulla triste situazione di tanti pazienti, discriminati ed avviati a fine certa da medici di base superficiali e poco collaborativi:

[…] il secondo non meno grave ostacolo è rappresentato dalla corrente abitudine di sospendere le cure già iniziate a domicilio e che cominciavano già a dare chiari risultati, tosto che per uno dei comuni incidenti di percorso (episodio influenzale, ecc.) il medico di base si è affrettato ad ordinare il ricovero ospedaliero. Per questioni di principio, per preconcetta ostilità, per questi nonché per altri inconfessabili motivi. Fatti eccezionali casi, il ricovero temporaneo ospedaliero equivale a sospendere la continuità dell’applicazione del protocollo DB. E’ normale veder peggiorare fino all’exitus le condizioni in questi frangenti. Non pochi pazienti hanno osato sfidare le accurate ‘ricerche poliziesche’ per continuare in qualche maniera l’applicazione della terapia, sufficientemente e personalmente esperti ormai dell’evoluzione normale del processo.3

Poco oltre un un inciso illuminante sulla filosofia di fondo del Metodo:

“L’essenziale sta nell’attivare tutti gli inibitori dei noti fattori di crescita, alle dosi e con tempestività e tempo opportuni. Il protocollo DB è nato in questa atmosfera, quella della vita e non dell’intossicazione e morte delle cellule; metodo che asseconda od esalta le reazioni vitali, senza ricercare con precisione statistica le dosi più opportune per uccidere. Il tumore è la deviazione dalla vita normale, per cui occorre riportare le reazioni deviate alla norma attraverso l’esaltazione di tutti quei mezzi che la Fisiologia considera essenziali per la vita normale.”4

Emerge chiara da queste parole la sua concezione. Il cancro è vita, e come forma di vita deve essere affrontato, riportando alla normalità la sua asincronia ed anarchia prepotente e distruttiva.

Reggio Calabria, 25 gennaio 1997, Giuseppe e Adolfo Di Bella

Alla fine della sua comunicazione, accolta da un’ovazione, Pierpaoli, che siede al tavolo degli organizzatori insieme a Lissoni, si alza e, riferendosi ai primi risultati sperimentali presentati ad Alghero nel 1969 da Luigi: “…questa, secondo me, è una scoperta da premio Nobel”.

 

Il volume che riunisce le comunicazioni effettuate al convegno di Reggio Calabria

 

Se il successo del convegno non incide sul corso degli eventi, provoca per converso due effetti indesiderabili: attira una torma di barboni in camice bianco, endemicamente in difficoltà a sbarcare il lunario, e convince qualche squalo di terraferma che val la pena fare una buona puntata su quell’omino dai capelli bianchi. E non finisce qui: perché sono i cattivi esempi a far più proseliti.

A congresso finito, parecchi quotidiani danno notizia delle sue conclusioni ed appare anche qualche stralcio di intervista fatta a Luigi, il quale incorre in quel “reato” sociale giudicato più grave di qualsiasi infamia, culmine del sovversivismo e per il quale non sono previsti né indulti né amnistie: dire la verità. Un diffuso quotidiano economico, nelle pagine riservate alla sanità, dedica al convegno un articolo, riprendendo questa sua affermazione: “il trattamento chemioterapico, oltre a non garantire risultati nel medio e lungo periodo, può incidere in maniera devastante sulla qualità della vita degli stessi pazienti”. Non si tratta di affermazioni inedite, ma oggi che il leone è uscito dall’angusto recinto fa molta più paura del passato.

Compaiono anche proteste e testimonianze che scuotono e indignano l’opinione pubblica. Così succede per un malato di cancro residente in provincia di Teramo, che vorrebbe curarsi con l’octreotide, un analogo della somatostatina. Il farmaco ha un costo proibitivo, duecentomila lire giornaliere (ca. € 103), e pertanto scrive al ministro della sanità perché sia reso mutuabile.

Non gli giunge alcuna risposta e muore per l’impossibilità di curarsi. La vicenda finisce nelle prime pagine di alcuni quotidiani5, che non mancano di usare espressioni assai severe:

…un medico che accetta di firmare la ricetta, un altro che si rifiuta …alcune Usl sono favorevoli, altre spiegano che solo un oncologo ha la facoltà di prescrivere la medicina … nessun segnale da Roma … il cittadino non è libero di curarsi come crede, ci deve essere qualcuno che decide per lui, che lo obbliga a percorrere un certo itinerario, che gli impedisce di sperare…

Di fronte ad episodi raccapriccianti come questo giungono anche notizie paradossali, come quella che si ricava dalla lettera al Carlino di un medico di Ravenna, il quale afferma candidamente:

“…preciso che dal 2/3/95 prescrivo tale farmaco ininterrottamente a un mio assistito. La spesa che la Usl 35 di Ravenna sostiene è sui 10/12 milioni mensili…” (sic)

Ma non si tratta certo dell’unica Usl che si accolla l’onere della somatostatina. Un quotidiano riporta uno dei più clamorosi casi di guarigione del Metodo Di Bella:

Condannato dal male, è guarito. Un anno fa, al Sant’Orsola di Bologna, la funesta diagnosi medica: solo 48 ore di vita.6

Si tratta di un bambino di otto anni, al quale la Usl di Pescara corrisponde regolarmente la somatostatina e l’octreotide, analogamente a quanto fa per un altro paziente. Il bimbo sarà l’unico dei piccoli ricoverati nel reparto a sopravvivere. Oggi è un giovane sano e robusto.7

Lettere e articoli di tenore analogo appaiono ormai sui giornali di tutto il paese, ma il costo doloso della somatostatina rimane tutto a carico del paziente. Evidentemente un prezzo quasi duecento volte il suo costo industriale e lievitato repentinamente, mira ad arginare la diffusione della cura. Incoraggiati dal crescente sconcerto della pubblica opinione, trentadue medici indirizzano un’istanza al ministero della sanità perché la somatostatina sia dispensata gratuitamente ai malati di tumore, in considerazione sia dei numerosi lavori clinici che ne hanno testato l’attività neoplastica, che in ossequio agli articoli 2 e 32 della Costituzione. L’istanza, redatta da un legale romano, viene fatta giungere al ministero con relata di notifica del 28 febbraio. Naturalmente senza alcun seguito.

Alcuni giornalisti approfondiscono, anche se non quanto auspicabile, le indagini e scoprono un primo mistero: lo “Stilamin”, la somatostatina della Serono, costa agli ospedali 80.000 lire, sei volte in meno delle 516.700 del prezzo pagato dal paziente, che per giunta in quel periodo deve ritirarlo dalla Svizzera, essendo stata la somatostatina – misteri CUFpassata in fascia H, cioè solo per uso ospedaliero!

E’ una sostanza increta nel nostro organismo, sicuramente atossica, della quale è dimostrata la capacità di inibire la crescita – in spregio agli assunti della Cuf – ed i cui recettori sono stati riscontrati in pressoché tutte le tipologie neoplastiche. E’ usata non di rado anche negli ospedali per qualche forma tumorale contemplata dal foglietto illustrativo, o anche non contemplate… : ma questi rilievi non sembrano né pertinenti né sufficienti ai burocrati della sanità.

Al celebre “l’état c’est moi” di Luigi XIV si è sostituito un paradossale “la science est-moi”.

Un articolo del 19/4 titola: “Sul lastrico per farmaco negato”. Anna, una signora di Formigine (Mo) curata dallo scienziato, è costretta a sborsare quasi sedici milioni al mese per lo Stilamin. Finite le disponibilità sta per finire la sua possibilità di sopravvivere, per cui scrive ai giornali:

[…] Il suo Metodo ha un costo nettamente inferiore rispetto al trattamento chemioterapico di cui l’ammalato avrebbe diritto negli ospedali. Il suo metodo non arreca sofferenze e consente di curarsi a casa. I farmaci della sua cura sono tanti, e proprio i più costosi sono a carico dell’ammalato… Il costo dello Stilamin per gli ospedali è di 80mila lire e mi obbligano a spenderne 516.700… .Abbiamo accumulato milioni di debiti e tra non molto dovrò interrompere la cura perché stanno per terminare gli ultimi aiuti che ho ricevuto dai parenti. Sono tante le famiglie che vivono la mia situazione… .E’ il mio diritto alla vita calpestato: siete disposti a spendere cifre assurde per un trattamento chemioterapico e mi negate un farmaco che agli ospedali costa appena 80mila lire.8

Pochi giorni dopo le fa eco un altro malato, Renato Grandi, un ottantaduenne con un carcinoma all’epiglottide:

[…] dopo due anni sono ancora qui, vivo e vitale, a condurre una vita dignitosa….il farmaco, se decido di spedalizzarmi presso uno dei presidi oncologici della Lombardia, mi è fornito a prezzo ospedaliero, quindi ben al di sotto di quanto pago esternamente, se lo trovo.

Il figlio Alberto aggiunge:

“Siccome non è in vendita normalmente in farmacia, ci rivolgiamo o a cliniche private o a farmacie che si rendano disponibili a procurarlo …così riusciamo a pagare 165mila lire ogni fiala, invece delle 516mila indicate sulla confezione. Agli ospedali viene fornito a 80mila lire la fiala.”

L’articolista aggiunge: “…sono una cinquantina, nella nostra zona, i malati di cancro che secondo Grandi, volendo seguire le indicazioni di Di Bella, sono costretti ad affrontare salatissimi percorsi a ostacoli per ottenere i medicinali.9

Dunque: 80.000, 165.000, 516.700, sembrano numeri estratti a caso dal cestello dei numeri del lotto. Malati si indebitano, si vendono la casa. Possibile che siano tutti folli plagiati? Lo farebbero, se non traessero beneficio dalla cura? Chi non riesce a ottenere prestiti e non ha casa da vendere, muore.

E la Giustizia tace.

Ormai in via Marianini il telefono squilla in continuazione. Le abitudini di vita di Luigi ne risultano sconvolte, ma lui non può immaginare che si tratta soltanto di blande anticipazioni di quanto verrà. Di lì a poco vivrà come assediato tra i muri del laboratorio e l’unica libertà personale che gli era rimasta – dopo che gli avevano tolto la consolazione della casa – la sua triste solitudine e lo studio serale accompagnato dal silenzio, è destinata a dissolversi.

Mentre l’associazione di Roma vede moltiplicarsi le adesioni, quella di Trento, diretta da Rosanna Carrozzini, cerca di promuovere iniziative locali e sensibilizzare le istituzioni regionali, dato che diversi suoi esponenti ed associati sono testimoni viventi dell’efficacia della terapia. Il rapporto tra Rosanna e Luigi è franco ed aperto, e lo scienziato apprezza la sua seria e meditata collaborazione, formalizzatasi fra l’altro col periodico dell’Associazione, “Per Vivere”, per il quale scrive diversi articoli. Rosanna conosce alcuni esponenti politici trentini, grazie anche alla sua precedente militanza nelle file del maggiore partito della sinistra parlamentare, successivamente abbandonato per dissensi ideologici. Da persona intelligente, dà ben poco credito alla politica politicata …pur aderendo dentro di sé a ideali libertari e di giustizia sociale. D’altronde, quando ha raccontato i suoi trascorsi giovanili a Luigi, si è vista raggiungere da uno sguardo beffardo e furbesco seguìto da un “ma lei crede ancora a questa gente?”.

Il 27 maggio è con Adolfo a Roma, dove presso il Rotary Club Roma Appia Antica gli viene conferito il premio “una vita per la vita”.

 

 

Didascalia più pertinente e felice non avrebbe potuto essergli dedicata. Ma come è accaduto altre volte in passato, con una coincidenza che si direbbe crudele, se coincidenza fosse, ad un’occasione di serenità ne segue una di amarezza. Il 28 maggio Luigi è a Lanciano, invitato a tenere la relazione di apertura al congresso nazionale della Società Italiana di Citologia.

La targa d'argento del premio “Una vita per la vita” - Roma, 27 maggio 1997
La targa d’argento del premio “Una vita per la vita” – Roma, 27 maggio 1997

 

L’avviso del congresso e della partecipazione del Prof. Di Bella è esposto da giorni nelle bacheche del policlinico modenese. Mentre Luigi parla a Lanciano, i giornali riportano una notizia clamorosa: l’ordine dei medici di Modena ha emesso un comunicato stampa nel quale diffida i medici del comprensorio dal prescrivere o trascrivere le terapie dello scienziato, sostenendo la mancanza di dimostrazione scientifica dell’efficacia antitumorale della somatostatina ed accusandolo di comportamento contrario all’etica professionale10.

Cascata delle Marmore: insieme al Dr. Giancarlo Minuscoli

 

Il comunicato, che il lettore è in condizione di inquadrare o meno in una concatenata successione di eventi, si trasforma però in un autentico boomerang nei confronti sia di chi lo ha emesso, sia di chi, per voce comune, lo ha ispirato e sollecitato, suscitando nella cittadinanza modenese e nell’opinione pubblica in generale una ventata di indignazione.

Già il ricorso ad un comunicato stampa lascia interdetti. Indipendentemente dal merito del testo, una censura avrebbe dovuto essere mossa in forma personale e riservata e non con modalità che mortificavano – quantomeno nelle intenzioni – un medico, scienziato e professore universitario ottantacinquenne. Lo stesso prologo del comunicato (“NO alla cura Di Bella”) sa di titolone polemico più da giornale di partito che da quotidiano, appare sbracato, autorizza sospetti sulla vera paternità del libello in ragione del tono rancoroso (cosa c’entra poi l’Ordine dei medici con le cure oncologiche?) e la diffida a non prescrivere costituisce un abuso d’autorità senza precedenti, perché deborda dalle prerogative dell’Ordine, ponendosi in contrasto con le leggi dello Stato e la stessa carta costituzionale.

Di questo si è reso conto d’altronde più di un membro dell’Ordine: nell’ambiente giornalistico trapelano infatti indiscrezioni sul fatto che i consiglieri non siano stati preventivamente notiziati e che il vicepresidente, informato a cose fatte, abbia manifestato un risentito dissenso, minacciando le dimissioni. Perché, poi, tanta furia, tanta precipitazione, tanta bava alla bocca? Ha influito in qualche modo la notoria abitudine dello scienziato di non chiedere mai onorari (qualche zelante e disinteressato paladino della moralità professionale l’aveva definita non etica…). Diviene presto segreto di Pulcinella che il rabbioso suggeritore debba ricercarsi all’interno del locale Policlinico: un soggetto, inviso a molti dei suoi stessi colleghi, la cui influenza sarebbe stata a suo tempo determinante per la elezione del presidente.

Sia come sia, appare evidente ai più che ricorre un caso di diffamazione aggravata a mezzo stampa, per la quale l’art. 595 del codice penale contempla la reclusione da sei mesi a tre anni. Forse questo possibile risvolto dell’azione non è stato ben soppesato dagli autori dell’iniziativa, propensi com’erano a credere ad un Prof. Di Bella inerme, rinunciatario, impaurito e paralizzato dalla “scomunica”. A parte il concetto grottesco di scomunica (non si è mai visto un diacono scomunicare un Papa…), le previsioni sono totalmente errate, perché Luigi è veramente, come si suol dire, fuori dalle grazie di Dio, tanto che convoca il penalista che da tempo gli ha offerto i suoi servigi e gli chiede di rispondere con tutti gli strumenti previsti dal diritto.

Esaminando il testo emergono non solo affermazioni contrarie alla verità, ma anche incisi inconsapevolmente autolesionistici, quando non comici. Il riferimento alle case farmaceutiche che non avrebbero manifestato alcun interesse per la somatostatina …è infatti di una improntitudine che non abbisogna di commenti: equivale a dire che solo queste rappresentano il progresso scientifico, che operano come amorevoli samaritani e non come società lucrative quali sono. E potrebbe, per i maligni, dire qualcosa di ancor più grave… . A prescindere da quest’ultimo rilievo, il conflitto d’interessi emerge palese: un po’ come dire che le lampadine non valgono un fico secco in quanto i fabbricanti di candele non manifestano alcun interesse!

Val la pena, a questo punto, soffermarsi, pur brevemente, sull’accusa più gratuita: l’assenza di evidenze scientifiche. Un esame anche superficiale della letteratura esistente nel 1997 su somatostatina ed analoghi fa rilevare centinaia di lavori, destinati a lievitare – evento senza precedenti nella storia della medicina – fino a ventunomila appena cinque anni dopo. Queste pubblicazioni, apparse a partire dal 1981, confermavano l’efficacia della sostanza nel deprimere la crescita e la progressione tumorale in una vastissima gamma di patologie: carcinomi prostatici, sarcomi, melanomi, tumori bronchiali, mammari, cerebrali (neuroblastoma, meningioma, astrocitoma, medulloblastoma), tumori del colon, del retto, polmonari, pancreatici, gastrici, tiroidei, ovarici, endometriali eccetera.

A queste conferme specifiche se ne aggiungevano altre, anch’esse espresse in articoli su accreditate riviste internazionali, di carattere generale ed estensivo, che sostanzialmente confermavano in modo inequivocabile l’esistenza dei presupposti per l’uso generalizzato della sostanza. Per fare solo qualche esempio a campione, in un autorevole lavoro del 1992 si affermava:

…the antiproliferative effect of octreotide also allows its use in patients with somatostatin-receptor-positive non-endocrine solid tumours (e.g. brain, breast and small-cell lung cancer)11

ed in un altro dell’anno precedente:

…a review of the current non-endocrine applications of somatostatin and its analogues, covers a wide range of potential applications for somatostatin-like compounds12

Questa “wide range of potential applications” (vasta gamma di possibili applicazioni) evidentemente era sconosciuta o garbava poco ai trepidi redattori o suggeritori del comunicato stampa.

Per amore di precisione e di obiettività, è bene conoscere i dati di una ricerca, curata da un’Associazione scientifica del modenese, eseguita sulla letteratura scientifica esistente sui principali componenti del metodo fino a tutto l’anno 1997. Questa ricerca è stata fatta sulla massima banca dati bio-medica (Medline), che raccoglie gli abstracts delle più autorevoli riviste scientifiche, incrociando la parola “cancer” con i singoli principi attivi Mdb e limitando la consultazione ai soli studi sull’uomo.

Le pubblicazioni rintracciate sono 7.040 (settemilaquaranta), di cui: 2817 sulla somatostatina, 1.582 sui retinoidi, 1.504 sulla bromocriptina, 819 sulla vitamina E, 318 sulla melatonina.

Paradossale poi il richiamo all’etica professionale. Quando anni dopo riviste autorevoli pubblicheranno studi di osservazione pluriennale che dimostrano come la chemioterapia contribuisca al raggiungimento dei cinque anni di sopravvivenza solo nel 2,1%-2,3% dei casi13 (ma al prezzo di oltre il 10% di morti iatrogene), e su altre riviste di sangue blu (BMJ) epidemiologi di prestigio internazionale affermeranno che nessun progresso di rilevo si é avuto nella sopravvivenza dei malati di tumore negli ultimi 30 anni14, nessun ordine dei medici e tantomeno organismi ministeriali, precedentemente tanto sensibili in tema di etica medica, emetteranno comunicati o mormoreranno una sola parola di biasimo nei confronti di chi, per decenni, ha vantato impunemente il 50% di guarigioni e illuso milioni di malati.

D’altra parte, a livello locale, coloro che si mostrano tanto affranti per la prescrizione della somatostatina, non lo sono stati altrettanto di fronte ad episodi di pubblico dominio e dei quali si è riferito, dai letti a baldacchino alla latitanza dalle lezioni, da costose apparecchiature mai utilizzate al mercimonio di esami: per limitarsi a fatti locali di minor cabotaggio rievocati nei capitoli precedenti, ma di carattere sicuramente non eccezionale. Pantografati a questi, ce ne sarebbero stati molti altri di dominio pubblico, caratterizzati da una clemenza giudiziaria prossima all’impunità, come fu ad esempio per autentici tesori accumulati da alti dirigenti sanitari, o episodi di corruzione di ex titolari di dicasteri. Con una costante: il corruttore era sempre una multinazionale del farmaco, o – più frequentemente – un consorzio di multinazionali del farmaco. Beninteso, limitandosi alla cima dell’iceberg farmaco-sanitario, sporadicamente emersa per imprevedibili incidenti di percorso. Qualche rapido accenno rinfrescherà la memoria collettiva.

Duilio Poggiolini, già Direttore Generale del servizio farmaceutico nazionale del Ministero della Sanità15, nominato nel 1974 “Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana” (02.06.1974), nonché premiato con “Medaglia d’oro al merito della sanità pubblica” (13.07.1977), nonostante 40 capi d’imputazione (per “solo” 20 dei quali si riuscì a trovare le prove), fu condannato a 7 anni e mezzo (ridotti a 4 in appello) per avere incassato cifre astronomiche da diverse case farmaceutiche.

L’ulteriore imputazione, quella di omicidio colposo plurimo in ordine ai cosiddetti “emoderivati infetti”, confluì in un procedimento a parte, conclusosi nel 2019, dopo 23 anni (!), con l’assoluzione, in quanto si ritenne non fosse sufficientemente provato …il rapporto tra le trasfusioni di sangue infetto e la malattia e morte dei pazienti (sic), e che le responsabilità erano di tutto il sistema sanitario e politico, e non di un singolo corrotto (altro sic)16.

Un po’ come dire che scioglitori nell’acido di bambini non potevano essere condannati in quanto le responsabiità dovevano attribuirsi al sistema di Cosa Nostra, e non al singolo mafioso (Italia patria del Diritto…?).

Nonostante avesse agito indisturbato per anni, accumulando – si accertò in un primo tempo – 39 miliardi di lire (quelli sequestrati) in contanti, lingotti, gioielli, opere d’arte (successivamente il suo patrimonio personale é stato stimato 125 milioni di euro), la mitezza della pena derivò da due fattori: l’accoglimento, da parte dei giudici, della tesi della difesa, che attribuì la rapacità insaziabile del proprio cliente ad un …“fatto morboso” …(istinto irrefrenabile, sorta di cleptomania a grandi numeri…: sì, avete letto bene!), e dall’esclusione dell’aggravante dell’associazione per delinquere. Quindi Poggiolini avrebbe agito da solo, senza complici: uno straordinario factotum e fai-da-te, che aveva rinverdito i fasti di Houdini!

Forse fu questa sua, diciamo così …discrezione a salvargli la vita e fargli concedere l’indulto (2006), con ulteriore riduzione della pena da 4 a 2 anni: s’intende per buona parte ai domiciliari. Quanto alla pena pecuniaria, questa – forse per evitargli turbamenti, vista la su accennata morbosità, e per non fargli spendere troppo in ansiolitici e psicofarmaci – fu limitata a 5 miliardi di lire e rotti sui 39 miliardi scopertigli e sui 240 miliardi circa successivamente accertati (ctv. di 125 milioni di euro di patrimonio). Alla luce di queste cifre, potete dire ciò che credete sulle multinazionali del farmaco: tranne che abbiano la mano corta.

Per brevità non ci addentriamo in altre vicende, come il caso De Lorenzo, ex ministro e artefice del Servizio Sanitario Nazionale; o lo scandalo Glaxo (tutti innocenti); o la surreale storia di due farmaci, dei quali solo il più caro e meno efficace fu posto a carico del SSN17.

L’esperienza e fatica fatte molto hanno insegnato a corruttori e corrotti: il sacrificio …dei casi citati …non é stato vano! I corrotti, grazie a meno affioranti …tecniche finanziarie adottate ed a preventive sensibilizzazioni giudiziarie, hanno conservato quasi immacolata la loro tunica pubblica, anche se qualcuno insiste a parlare di indagini fermate ab origine, lentezze procedurali in attesa di prescrizione, assoluzioni per insufficienza di prove, e “promoveatur” provvidenziali di ex indagati a lucrose e importanti cariche in organismi sanitari internazionali adibiti anche a Refugium peccatorum.

Per finire l’argomento, e non per spirito polemico o “vendicativo”, bensì allo scopo di estendere la consapevolezza delle sconcezze del mondo sanitario, invitiamo il lettore ad una riflessione: i corrotti sono prolifici colonizzatori, e presuppongono vasti “quadri” dirigenziali a loro immagine e somiglianza. Scoperti i vertici della corruzione, non si fa vera pulizia se rimangono al loro posto complici ed omertosi. Altrimenti si avranno inevitabilmente repliche, come sembrano confermare gli eventi che andremo ad esaminare in questo libro. In altre parole: non si disinfesta un terreno dai serpenti se non schiacciando loro la testa e distruggendone le uova una ad una: sempre che si tenga al bene del prossimo.

E Luigi Di Bella? Qualche diligente e acuto indagatore ha scoperto una multa per lampadina posteriore fulminata della bicicletta? Ma no, neanche questo: é solo una nostra battuta.

Il lettore può trarre le proprie conclusioni in merito a quanto sopra ricordato, e in particolare sul fatto che le più inflessibili critiche alla concezione del fisiologo siano provenute da quell’istituzionale ortodossia medico-sanitaria alla quale era …sfuggita e sfugge l’esistenza di una endemica, cronica, pullulante corruzione.

Ma torniamo in medias res.

Il primo effetto sulla pubblica opinione è una protesta sempre più massiccia e coesa nei confronti di censura e censori. Già il giorno seguente la pubblicazione dell’editto alcuni quotidiani riferiscono di una moltitudine di proteste indirizzate al ministero della sanità: “…il ministero è inondato da fax di sostegno18“. Contemporaneamente i postini portano pacchi di lettere di solidarietà in via Marianini ed altre di protesta a Piazzale Boschetti, sede dell’ordine dei medici di Modena.

Un articolo di un noto giornalista non risparmia critiche severe:

[…] accusare il ricercatore modenese di essersi sottratto a illustrazioni e confronti scientifici è allucinante […] il Prof. Di Bella ha detto che ‘il cancro è una malattia che muove grossi interessi. Il potere economico delle case farmaceutiche che producono medicine chemioterapiche non va sottovalutato’ […] dopo tanto clamore, soltanto il pronunciamento ufficiale può rimettere ordine. Con la possibilità che la pietra lanciata dal Golia modenese rimbalzi contro un muro e torni al mittente19.

Ma c’erano altri motivi per una reazione così rabbiosa, oltre alle lettere di pazienti sui quotidiani, le proteste, gli articoli. E questo è un elemento fondamentale per comprendere il corso degli eventi.

Fino a qualche tempo prima non erano ammesse voci di dissenso sulle terapie proposte, né erano note eventuali alternative. I malati di cancro vedevano l’ospedale ed il reparto di oncologia o di ematologia come un percorso obbligato al quale nessuno poteva sottrarsi, quasi che l’ingresso in un luogo di cura espropriasse delle proprie prerogative e della libertà di decidere del proprio destino. Una sorta di Alcatraz dove si poteva anche non entrare, ma che, una volta fatto il proprio ingresso, revocava ogni facoltà decisionale, tanto da evocare il celebre verso dell’inferno dantesco “lasciate ogni speranza voi ch’entrate”. Il sogno/incubo della terapia coatta stava passando dal trotto al galoppo.

Per quanto assurdo, non pochi erano – e ancora sono – talmente suggestionati da modi bruschi e dalle arie da padreterni di molti camici bianchi, da credere che la legge dello Stato imponga le cure oncologiche correnti e, in particolare, la chemioterapia. Il medico poteva permettersi ogni insolenza e sgarberia, rifiutare spiegazioni ed informazioni, minacciare, terrorizzare i recalcitranti.

La comparsa di una filosofia terapeutica intonata al rispetto ed all’amore non solo per la persona, ma anche per l’organismo, nettata da supponenza e impersonata da una figura di medico con le dita sul corpo del paziente e non sul registratore di cassa, rappresentava un autentico grimaldello per il sistema accademico-sanitario. I pretesi numi della scienza apparivano re nudi (e di un nudo rivoltante); i baroni spocchiosi cinici mercanti ingrassati dalle sofferenze dei malati. La tacita rassegnazione del malato – di ogni malato – soffocata per decenni, si dissolveva, lasciando posto alla protesta ed alla ribellione nei confronti di una medicina incapace di diagnosticare e curare, supermercato da paese dell’Est europeo che obbligava a file di ore per ottenere un disbrigo di pochi minuti o un ricovero interminabile ed immotivato. Per dirla spiccia, si assisteva all’inizio come di un risveglio, quasi che gli assistiti fossero rimasti in trance punti da un fuso malefico, e si cominciava a respirare un’aria da presa della Bastiglia. Un’intera piramide rischiava di franare, mettendo così a nudo le gallerie che correvano sotto le fondamenta e conducevano dalle corsie a sale di riunione nelle quali si parla di utili, di bilanci, di budget, di borsa, di governo delle coscienze.

Pericoli magari avvertiti parzialmente ed istintivamente da subalterni, ma chiare ai loro sponsor.

Tra i fattori che avevano scomposto ed invillanito quella “democratica indifferensa” – come avrebbe detto il Peppone guareschiano – ostentata per decenni nei confronti dello scienziato-straccione, c’era anche un libro esposto di fresco nelle librerie, alcune delle quali erano state peraltro consigliate di toglierlo dalle vetrine e tenerlo negli scaffali, se proprio non potevano evitare di ordinarlo.

In “Cancro: siamo sulla strada giusta?”, Luigi aveva voluto accennare alle sue vedute ed esporre, in forma di divulgazione medica, la propria concezione scientifica, senza rinunciare a dire schiettamente quel che pensava del conservatorismo oncologico e medico.

La copertina del libro “Cancro: siamo sulla strada giusta?”

 

La composizione multicolore della copertina non é un quadro astratto, ma un’impressionante testimonianza umana, prima ancora che clinica. Lo schizzo fu eseguito da un bambino (C.C.), affetto Leucemia Linfoblatica Acuta, la cui vicenda é così richiamata dall’autore del libro:

E’ indimenticabile il ricordo di un intelligentissimo settenne, affetto da LLA, per la quale fu ricoverato all’Istituto G. Roussy di Parigi. Fu il primo a ricevere la melatonina, portata dal padre, e di cui si concesse benevolmente l’uso. Il colorito del viso giallo cadaverico mutò tosto in un rosso incarnato con poche gocce di soluzione etanolica 1%20. Questo bastò per trasferire senza indugio il piccolo in Italia, dove visse bene per qualche anno, nei periodi di induzione e reinduzione, come si verificava allora.

Poco dopo una delle ultime iniezioni di Vincristina21 il bambino dipinse il cartone riprodotto in copertina. Riferiva al padre, cessata la fase acuta, che vedeva il mondo così come l’aveva rappresentato nel suo dipinto. Quando divenne cieco, per le sue emorragie retiniche, non vide più quel che l’aveva ispirato a dipingere il quadretto, e morì poco dopo per la sua LLA. Il succedersi di colori in strisce ondulate e ricurve verso l’alto il bambino le vedeva dopo la Vincristina.

Alla parte scritta da lui fanno seguito alcuni casi trattati dagli unici due medici che avevano una esperienza ultraventennale nella prescrizione della terapia, il figlio Pippo e l’amico Giancarlo Minuscoli, e da altri che si erano avvicinati di recente allo scienziato. Per amor di precisione, tutti gli autori rinunciano ad ogni compenso. Il libro raggiungerà una tiratura ragguardevole, nonostante le modeste dimensioni della casa editrice, grazie alla notorietà raggiunta dallo scienziato22.

Le sessantasei pagine scritte da Luigi riescono a condensare molti punti cardine delle sue idee scientifiche e della sua concezione etica. Basta scorrerne alcuni passi, a ragione diventati celebri, per capire che solo un grande può avere scritto cose simili, e per cogliere bellezza e travolgente umanità del suo grande spirito.

Nella premessa, il richiamo biblico a David e Golia illustra bene la sperequazione di forze e risorse tra un’attività sostanzialmente solitaria come la sua e l’opulenta organizzazione di chi lo ha sempre ostacolato. Ma la commozione si sovrappone all’interesse razionale quando parla il Poeta della Scienza:

E’ nobile estinguere un dolore, accendere un sorriso di pace e di speranza su un viso smarrito, accendere un raggio di luce nel buio disperato di una prognosi fatalmente infausta.

E poco oltre:

“La fiducia in un avvenire di superiore giustizia può costare molto caro, anche quando gli Ideali sono squisitamente altruistici, come ho potuto amaramente sperimentare nel proporre questi nuovi metodi. Derisione e disprezzo, critiche e calunnie, minacce e ricatti hanno contrassegnato il doloroso iter delle nuove proposte, sulle quali sono stato benevolmente consigliato di tacere. […] Ho raggiunto così uno dei primitivi obiettivi: diffondere il metodo, per ridurre il male, sovvenire al prossimo, facendo il vero, profondo bene.”

Nel libro lo scienziato non segue uno schema precostituito e rigido, ma procede passando da accenni alla sua concezione terapeutica ad osservazioni sulle usuali cure oncologiche, da considerazioni sul degrado della medicina ad affondi ironici sulle terapie alternative, da riferimenti a casi clinici a momenti di palpitante umanità. Le contestazioni alle prassi oncologiche sono sempre ragionate e argomentate, e, pur severe, mai animate da ostilità preconcetta.

Il Prof. L. Di Bella con il Sig. F. D’Amico

 

 

Tra gli allegati, alla fine delle pagine scritte da lui, la citazione del caso di un paziente di origine italiana, F. D’amico, che viveva in Australia, e che era andato a trovarlo l’anno prima, portandogli l’eloquente referto dell’ospedale di Victoria.

Il referto dell’Ospedale di Victoria.

 

Fondamentale, in quanto illumina colonne portanti della sua cattedrale scientifica, é il seguente passo, che conclude il primo capitolo (“Chi sono”):

Quando ci si inoltrerà nell’avveniristica, ma non fiabesca, visione del tumore come prorompente e duratura forma di vita, più che come fatale dannazione, allora l’Umanità avrà percorso le immense distanze che la separano ancora dalla scoperta della conoscenza dell’essenza della vita. Curare e guarire un tumore vuol dire tutto questo. A noi tocca oggi percorrere la strada al buio, ma non senza speranza.

Circa le concezioni correnti, il primo appunto è al disinvolto uso del termine “guarigione”:

…sarebbe più proprio parlare di arresto o blocco, che allude ad una sempre potenziale ripresa… .Lo stesso intervento chirurgico è chiara espressione della coscienza della mancanza di un mezzo di guarigione. La chemio o la radio terapia preoperatoria non migliorano apprezzabilmente la prognosi.

Poco più avanti, riferendosi al National Cancer Act23, riporta le polemiche seguìte e le considerazioni critiche mosse da alcuni autori:

…l’impressione che si riceve è la superficialità della cultura oncologica e la stolta tendenza di assimilare la guerra contro il cancro ad uno scontro militare. Il fallimento succeduto alla tronfia retorica delle immaginifiche promesse non mancò di suscitare un vespaio di critiche, sospetti e calunnie …si chiamarono i risultati contro il cancro il ‘Vietnam della medicina’. Si analizzarono con particolare finezza le differenze fra i colossali costi previsti e la pochezza degli eventuali risultati che si sarebbero ottenuti; e infine si sospettò un ‘grosso giro di loschi affari’ […]

Senza digressioni, punta poi direttamente alla crasi tra dichiarazioni e realtà nella cura dei tumori, causa prima della nascita dell’irrazionalità delle medicine alternative:

Le ondate soporifiche che di tempo in tempo emergono dalla bocca di illustri cancerologi, non fanno più eccessiva presa sulle masse….il progresso notevole nella cura dei tumori, periodicamente affiorante sulla bocca dei più autorevoli cancerologi, si estingue dolorosamente nel nulla al contatto della realtà quotidiana. Si origina e cresce così una profonda crisi di credibilità, che si manifesta col pullulare di ‘altre medicine’, col rifiuto di persistere in quelle tradizionali, fino a veder considerato iatrogeno l’abituale esito infausto.

A dimostrazione che la sua è una critica sempre costruttiva e mai pretestuosa, possono sovvenire altri passi:

E’ mai possibile orientare la terapia sugli effetti tossici a carico del DNA delle cellule neoplastiche soltanto, prescindendo dalle rimanenti attività? È impressionante la quantità di neuro-cerebropatìe da chemioterapie vicine o lontane […] .Nella pratica quotidiana abbiamo l’impressione di una molto maggior incidenza di metastasi cerebrali con l’accanimento ed il perfezionamento della chemioterapia24. Traspare da tutto la rigorosa necessità di uno stretto continuo contatto fra qualunque forma di oncoterapia ed una oculata medicina internistica, non solo formale o strumentale. ….Malgrado tanti, meravigliosi progressi tecnici, di cancro si continua a morire. Non potrebbe considerarsi questa una delle tante dimostrazioni che la via imboccata è quella sbagliata?

E non mancano accenni di una sottile, amara ironia a coprire l’indignazione per la fatale suadenza o prepotenza nei luoghi di cura:

L’impatto del cattivo esito di un preparato istologico o di un agoaspirato, gli elevati valori di uno o più markers, sono solitamente elementi più che sufficienti per accettare senza discussioni una chemioterapia, misteriosamente assortita nei suoi acronimi, che suscitano ammirazione per il mistero che coprono e rispetto per la sapienza che li ha creati. L’accettazione passiva viene più volentieri tollerata quando è sostenuta da ampie e convincenti statistiche, divulgate fra i numerosi compagni di sventura, in un’atmosfera di inesorabile fatalismo. La ragione si perde nel meandro di misteriose sigle, d’insolite manovre che invitano o costringono i ‘ribelli’ a divenir più docili e tolleranti. Guai ad osar chiedere dei ‘perché’, o a suggerire qualche ovvia modifica, soprattutto da parte di un estraneo.

La conclusione di queste ed altre constatazioni è una denuncia severa e senza sconti, espressa con accenti che rivelano la sua amarezza di medico, di scienziato, di uomo:

[…] da quali basi discende l’ineluttabile obbligo di applicare la chemioterapia? Sono i suoi risultati tanto vantaggiosi da imporsi decisamente su quelli di ogni altro metodo? Prima di applicare ogni tipo di chemioterapia non è professionalmente doveroso illustrarne la tossicità? […] hanno dato i ‘conventional methods’ tali indiscutibili vantaggi da doversi obbligatoriamente preferire a tutti i rimanenti metodi? E la mortalità, la morbilità, il decadimento di tutte le forme di difesa fisica, riflessa, immunitaria, lo sconvolgimento psicologico, le nevrosi? Non si percorre per caso, con i ‘conventional methods’, la strada più corta per soccombere malamente?

Si ha l’impressione che, con i ‘conventional methods’, si sia imboccata una strada a senso unico, che non si ha la capacità di abbandonare e che si è obbligati a percorrere fino all’exitus, confortati da una ammirevole fatalistica rassegnazione, a spese della vittima designata…

In questo ambiente melmoso e guasto c’è la vittima che soffre e muore ed il vampiro che ingrassa e prospera. Se agli assurdi ed incongrui protocolli, assurdamente scaglionati secondo fissi ed arbitrari intervalli, si sostituissero retinoidi e tocoferoli, melatonina, somatostatina, bromocriptina, i SAPIENTI DI MESTIERE dovrebbero quanto meno sentire il dovere morale di tacere, senza affrettarsi ad includere il metodo fra gli ‘unproven’, senza avanzar la pretesa (non gratuita) di condurre preventive indagini statistiche, valide in tal caso solo per procacciare lauti guadagni e preparare comode poltrone.

Il medico, forse il più scienziato fra i professionisti, non dovrebbe limitarsi a tradurre in nomi di specialità sintomi isolati che fanno parte di un’entità nosologica.

…l’innegabile decadenza del medico di oggi sta in parte nel fatto che accetta il risultato senza analizzare il significato e la possibile variante del significato del risultato. Si giunge così alla lettura di corposissime cartelle cliniche, con centinaia e migliaia di dati (accanimento diagnostico) senza esatta diagnosi e con l’inevitabile panacea cortisonica e desensibilizzante ed infine col farmaco di cinquant’anni fa, con mutata denominazione o microassociazione […] Molte terapie battono oggi le medesime strade, malgrado i formidabili progressi scientifici. Non è più una rarità scorrere qualche decina di pagine con la tipizzazione linfocitaria, per concludere alla fine con la prescrizione di qualche compressa di ‘Leukeran25‘ e l’inesorabile cortisone.

Se l’ignoranza è grande e la logica connettiva manca, allora ci si cristallizza in un metodo più o meno bene appreso, che rappresenta tutto il sapere ed il fare professionale. La mente angusta si accontenta allora di seguire fedelmente un protocollo, spregiando amaramente coloro che osano tradirlo.

La microcefalia si manifesta in mille modi!

Non manca la individuazione del fattore principale che, ignoranza a parte, determina questo stato di cose, la sete di denaro:

[…] la gestione del cancro pare riposta nelle mani di quelle forze che sono finanziariamente interessate alle conseguenze del problema. Si sono formati circoli di potere, che sebbene fra loro per molti versi differenti, sono sufficientemente connessi e legati da formare una sorta di ‘establishment del cancro’ che controlla l’orientamento della prevenzione, della diagnosi e della terapia del cancro […] Coloro che cercano di impiegare nuove forme devono ottenere l’approvazione della ‘Food and Drug Administration’. I fondi della ricerca sono erogati dal National Institute of Health. Tutta la legislazione tende ad accentrare il potere in poche mani e ad accrescere il conservatorismo nei confronti di nuove terapie…

Si giunge purtroppo ormai da più parti alla dichiarazione che il management del cancro è un grosso affare, che deve funzionare secondo le regole del profitto, affermazione che fa il paio con l’altra di grossi industriali per cui il profitto è il fine ultimo di qualsiasi ricerca. In questo modo spesso si giunge alla scoraggiante conclusione che i tanti ideali di altruismo che dovrebbero ispirare i cancerologi, sono in effetti travisati in gretto lungimirante obiettivo d’affari da responsabili dell’orientamento di Ospedali e Società scientifiche. ‘A knave and fool are plants of every soul’ (BURNS)26.

In poche parole: il cancro è oggi la malattia più redditizia per larghissime fasce di popolazione. Come in ogni attività umana è il guadagno l’elemento guida e non solo dei tempi presenti”.

Non è poi certo tenero nei confronti delle cosiddette “terapie alternative”, che considera un non-senso già sotto il profilo lessicale. Come prima osservato ne individua la genesi nella inefficacia oncologica:

Questo fallimentare trattamento del cancro ha suscitato critiche e discussioni, che hanno spinto a ricercare al di fuori della medicina ufficiale altri schemi di terapia, diversamente qualificati quali ‘alternativi o complementari, naturali ed atossici ed inconvenzionali’. Data la natura grossolanamente empirica od irrazionale, quando non dannosa o fraudolenta, si è fatto ricorso a termini fantastici, vuoti od incomprensibili, come ‘tradizionale, ortodossa, cinese’ ecc.

Passando rapidamente in rassegna alcune di queste metodologie irrazionali (Gerson, Kelley ecc.), non perde troppo tempo a confutarne presupposti e basi:

Non occorre vasta cultura generica o specifica medica, non eccezionalmente fine spirito critico, tanto meno profondità filosofico-speculative, per capire quanto di arbitrario, melenso, infondato contribuisca a formare il metodo di Gerson; metodo che, con cambiamenti opportunistici, viene ancora continuato in diverse varianti, note con le etichette di regime di Kelley, diete macrobiotiche ecc. Il metodo di Gerson manca dei principi basilari di medicina elementare […]. Se non ci fosse tanta ignoranza e dabbenaggine, tanta frode ed immoralità, il metodo di Gerson si sarebbe ridotto a poche misure igieniche, senza certamente aspirare alla pretesa di guarire un cancro…

Si tratta, come sempre, d’ignoranza della fisiologia, della biochimica del tubo digerente, nonché degli elementi del metabolismo intermedio.

Nessuno si sarebbe affermato, se i metodi convenzionali avessero dato maggiori garanzie di successo.

Quanto al suo Metodo, espone i princìpi fondamentali, cita i farmaci impiegati, le loro modalità d’impiego, la differenziazione in base alla patologia ed allo stadio del male, senza mancare di porre sempre l’accento sulla necessità di una visione globale ed una mentalità internistica coesa. Colpiscono in particolare le chiare spiegazioni della totale diversità di prospettiva tra la sua metodologia e quelle citotossiche, la natura fondamentalmente di terapia cronica (a dosaggi decrescenti) e non a cicli del Metodo, in contrasto con quella a cicli della chemioterapia, e la perentoria affermazione che l’assenza di precedenti trattamenti attuali è un presupposto fondamentale per la sicura e piena efficacia delle sue proposte. L’architrave della sua concezione è esaurientemente rappresentata, a livello divulgativo, da questi rilievi:

[…] Siamo in un campo che coglie l’intima essenza della vita, come una parte dell’essenza stessa dei tumori […] il cancro è un formidabile problema, che esige preparazioni scientifiche spettacolari, alla portata di qualche rarissima eletta mente.

Crediamo sia la cosa migliore esaurire questi cenni al libro riportando passi che fanno emergere l’immensa umana pietà, la sentita solidarietà ed il senso di fratellanza dello scienziato:

Quando a seguito delle megaterapie cortisoniche il viso ed il corpo hanno assunto lineamenti e dimensioni disgustose, decadono giorno per giorno le forze e non si disimpegnano che a stento i bisogni elementari, tutto si presenta vano ed ogni pur tenue speranza si offusca e vola, e allora per ultimo nostalgico bisogno s’invoca la morte pietosa.

Nella muta e inerte rassegnazione sembra che la vita si estingua per tratti insensibili, ed anche il respiro, in apparenza sospeso, si ravviva nelle ultime fioche e rade manifestazioni di una vita che fu…

Qualcuno crede e invoca assistenza religiosa, con vaghe espressioni del viso e dello sguardo ormai vuoto.

Queste scene toccanti si ripetono, oltre che nelle sale ospedaliere, fra le pareti domestiche.

Nell’apparente fredda indifferenza di chi assiste, sorge ancor più distinta la domanda: ha sofferto? Ha capito? E se avessi offuscato la mente con uno dei tanti efficaci mezzi, avrei ridotto la sofferenza? Si muore solo una volta; invero più di una volta per chi si trova in queste circostanze. La morte in uno stato confusionale, quando la memoria si estingue per gradi, ravvivata solo episodicamente, sui residui più intensi di un’esistenza trascorsa, potrebbe riuscire meno penosa.

[…] Ha sofferto molto invece un quattordicenne, anch’esso trattato generosamente con vincristina, che aveva provocato neurite del XII e soprattutto dell’XI. La deglutizione divenne difficile ed il sorso poteva in parte avvenire con l’aiuto delle sue mani ed in parte anche di quelle del padre, che mi dichiarava: ‘vorrei avere lacrime per piangere’. Anche la sorte fu presto pietosa con la morte del povero paziente.

Luigi aveva infilzato le incongruenze, le vergogne, i cinismi, le contraddizioni dell’oncologia e della medicina contemporanee, ne aveva svelato le segrete e segretate ispirazioni, contrapponendovi una mentalità ispirata da un elevatissimo pensiero scientifico e da una straripante umanità. E, come si è potuto osservare da tanti eventi prima riferiti, nessun crimine, per quanto raccapricciante, suscita le reazioni feroci e veementi che provoca il dire la verità: specie quella che non si deve osare nemmeno accennare.

Sbugiardare inesistenti successi terapeutici, staccare barbe posticce a guaglioni che si atteggiano a senatori romani, far emergere catapecchie fatiscenti sotto le rovine di austeri palazzi di cartapesta, punge fasci di nervi messi allo scoperto. Cosa che non può essere tollerata dalla macabra armata che vive sulla sofferenza e la morte. Ed alla glaciale, silente, pragmatica ostilità degli evocati “circoli di potere” viene a far da contrappunto la rabbia chiassosa di bari da bettola, colti con carte da gioco sotto i polsini sudici e che a furia di ricevere genuflessioni si erano forse convinti d’essere autentici luminari.

Per quanto Luigi fosse stato contrariato dal proclama dell’Ordine dei medici ed avesse accolto con compatimento le pronunce contrarie di commissioni ministeriali e degli avversari di sempre, non si era lasciato distogliere dai progetti di ricerca.

Una sera dell’autunno precedente Adolfo lo aveva sorpreso con uno sguardo che ben conosceva: un misto di estasi e di commozione impossibile da descrivere adeguatamente. L’unica immagine che potrebbe richiamarlo è quella di un essere umano che avesse avuto la ventura di gettare un’occhiata, da una dorata porta rimasta socchiusa, ad uno scorcio di paradiso.

Parlando con il figlio, Luigi gli aveva detto della fulminazione ricevuta leggendo una monografia scientifica acquistata da poco27 che gli aveva dischiuso un intero mondo. Le “chaperonine” non solo lo interessano per l’azione funzionale nell’autoassemblaggio delle proteine all’interno delle cellule, ma per il ruolo che queste sostanze possono avere in una terapia antitumorale28. Alla fine di giugno parte per Pietroburgo insieme a Minuscoli e Lina, e comunica il lavoro che documenta i risultati emersi da esperimenti sulla citocalasina B29.

2 luglio 1997, S. Pietroburgo, XXXIII° Congresso IUPS (International Union of Physiological Sciences)

 

Rimane incantato alla vista dei capolavori conservati nelle sale dell’antico Palazzo d’Inverno, sede del museo dell’Hermitage e sosta davanti alle opere di Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Van Gogh, Monet. Parla anche con l’amico Giancarlo, ed a lungo, dell’impiego delle citocalasine, che si ripromette di usare specialmente in determinati tipi di tumore, come quelli polmonari, e della forma di somministrazione ideata.

San Pietroburgo: davanti al Museo dell’Hermitage

 

Al ritorno lo attende un gravoso impegno, quello di una conferenza di due giorni, nel corso della quale illustrare a medici, esponenti dell’oncologia, a personalità istituzionali, i risultati ottenuti con il suo Metodo. Come si legge in un comunicato diffuso su alcuni quotidiani, l’incontro – “Cancro: aspetti vecchi e nuovi di terapia” – è stato promosso dall’associazione di Roma e da quella di Trento e vi sono stati invitati esponenti istituzionali e dell’oncologia, predisponendo ampio spazio per ogni genere di domande, richieste di delucidazioni e lo scambio di opinioni. L’incontro si svolge presso l’ampia sala conferenze dell’Hotel Excelsior di Roma. Affluiscono molti medici, ma di oncologi od ematologi di spicco ne compare solo uno.

Probabilmente alcuni erano interessati ad ascoltare, porre domande e – perché no – manifestare il proprio dissenso, ma non appena appare la notizia della conferenza, il presidente della Federazione Nazionale degli ordini dei medici, Dr. Aldo Pagni, emette un comunicato nel quale invita a non partecipare alla riunione e si esprime in termini ingiuriosi nei confronti del metodo, parlando di “pozioni magiche” (sic!). Membro della commissione oncologica ed ex componente della CUF, è dunque assai vicino agli ambienti oncologici e farmacologici. Non meraviglia quindi la scontata ostilità alle vedute di Luigi, ma la forma usata, che appare ingiustificata e ingiustificabile sia per i termini offensivi e gratuiti; che per l’evidente distorsione della verità: l’unica cosa di “magico” é che un medico per giunta in elevata posizione ignori che il Metodo prevede specialità correntemente in commercio e galenici conformi alla legge sulla galenica; che, infine per la discutibile eticità del rifiuto ad un libero e aperto confronto di idee e di orientamenti. D’altronde il Dr. Pagni non era nuovo a posizioni giudicate severamente nell’ambiente medico ed in quello giornalistico30. Assolutamente una coincidenza che il giorno antecedente la data fissata per la conferenza sia stata diramata una pronuncia critica della CUF, la Commissione Unica del Farmaco…

Lo scienziato si cura ben poco di posizioni largamente attese, e come sempre espone il suo pensiero con chiarezza e consequenzialità. E’ tanta la densità di concetti, osservazioni illuminanti, nozioni, concreti approcci terapeutici, valutazioni diagnostiche ed eziologiche, che la conferenza meriterebbe le si dedicasse un intero libro.

Ci limitiamo a qualche richiamo, evitando di ripetere citazioni di concetti e idee precedentemente esposti.

La sala dell’Hotel Excelsior a Roma durante la conferenza del 17/18 luglio 1997

 

Uno dei punti fondamentali è quello che bene illustra il pragmatismo clinico del fisiologo Luigi Di Bella. In poche parole, egli rigetta l’esasperata indagine su tutte le particolarità dell’eziologia neoplastica quale condizione per procedere alla cura dei tumori. Milioni di condannati a morte dalla malattia non possono attendere che gli azzeccagarbugli di turno completino le loro disquisizioni filosofico-teoretiche con le mani in mano, indipendentemente dalla fioca probabilità che giungano a qualche risultato utile: esistono strumenti utili per intervenire e curare, prolungare la vita e liberarla dal mostro della sofferenza:

Occuparci dell’eziologia del tumore, non dico che sia ozioso: ma ricordiamo che ‘ignoramus, ignorabimus’. Però il fatto di essere ignoranti sulle cause non vuol dire che dobbiamo rinunciare a curarci, a indagare. Dobbiamo tendere alla guarigione o accontentarci di convivere col tumore.

Anche questa espressione sarebbe stata successivamente e spudoratamente oggetto di plagio.

Un altro argomento importante è quello della libertà d’azione del medico.

Forse bisogna brevettare per poter adoperare un prodotto? E’ proibito far stare bene la gente? Ovvero guarirla da determinate malattie? […] Io ritengo, in altre parole, che il medico cosciente ed onesto non debba essere limitato nella sua capacità. Il medico ha delle funzioni di una responsabilità immensa, che arriva addirittura fino alla vita di una persona. Dire questo è dire tutto. Però, in questa responsabilità, il medico deve anche essere lasciato libero. Libero non vuol dire arbitro, vuol dire libero ma responsabile.

Torna anche l’insistenza sulla necessità di una mentalità aperta ed elastica, specie nel trattamento dei tumori, sorretta ovviamente dalla necessaria preparazione:

L’ammalato neoplastico va seguito attentamente, come e più di tutti quanti gli altri ammalati. Non è la malattia neoplastica, ma sono le ripercussioni che la neoplasia stessa o le cause della malattia hanno esercitato già su tutti i processi di difesa dell’individuo stesso a dover essere vagliate. Quindi, questa è una delle mancanze più gravi che si possono attuare al giorno d’oggi: cioè credere che l’ammalato neoplastico abbia problemi esclusivamente indotti dal tumore. L’ammalato oncologico va curato come la più delicata, completa e complessa malattia internistica. E non soltanto per quanto riguarda il circolo, ma per quanto riguarda tutto il resto.

 

 

La critica nei confronti di una medicina sclerotizzata e codificata si legge in questo passo:

La parola ‘protocollo’ veramente per me è odiosa, perché sta a significare una specie di coercizione di camminare lungo binari prefissati. Coercizione che non vedo assolutamente giustificata proprio nel campo medico. Non c’è un ammalato che sia uguale all’altro e quindi bisogna adattare la terapia di volta in volta. Per fare questo, più che l’oncologo ci vuole il medico internista, un bravo medico internista. E’ mai possibile che non si riesca più ad ascoltare un soffio valvolare? Che si debba fare l’ecocardiogramma? E dopo il risultato dell’ecocardiogramma non si capisce l’individuo cos’abbia. Mi dicono di quanti millimetri o centimetri è la cavità dell’orecchietta, quanto è lo spessore del ventricolo destro e sinistro: cosa me ne faccio di questi dati se non conosco la funzionalità del cuore? In altre parole (questo sotto il profilo generale) io vorrei che la medicina diventasse o rimanesse medicina, aiutandosi con tutti i mezzi tecnologicamente meravigliosi che ci sono oggi, ma non facendosi sostituire da questi mezzi.

 

 

E’ un concetto che dovrebbe molto far riflettere, quest’ultimo: la tecnica diagnostica a servizio, non in sostituzione del medico, e nemmeno quale toppa dell’ignoranza di medici che la semeiotica e la fisiologia non sanno dove stiano di casa.

Un’ulteriore notazione si riferisce all’acritica ostinazione nel voler rimuovere ogni manifestazione della diffusione metastatica. Queste parole sono state pronunciate prendendo spunto dal caso di una donna affetta da carcinoma mammario e che aveva presentato una metastasi alla clavicola destra:

[…] E’ stato segato quel pezzo di clavicola. Io vi dico in verità che non accetto questo atto. La signora subisce tuttora le conseguenze, e l’intervento è stato eseguito già da tempo. Qui si cade nel problema fondamentale. Quando noi abbiamo eliminato chirurgicamente il luogo di una metastasi, abbiamo eliminato il danno? Non ricorda il medico in questo caso che la metastasi è una localizzazione in un punto di una malattia generale? E quando l’ha tirata via da un punto, che cosa si ripromette da questa eliminazione? Sono pensieri di una logicità assoluta che tutti noi medici dovremmo fare, avremmo il dovere di fare, perché abbiamo il dovere di salvaguardare il più possibile l’integrità fisica dell’ammalato. Quindi, secondo il mio parere, questo non è un rimedio razionale né giustificabile.

L’ultima citazione che faremo riguarda le polemiche sorte intorno all’uso della somatostatina quale farmaco antitumorale:

[…] La somatostatina – la parola stessa lo dice – non fa nient’altro che arrestare la increzione o la formazione dell’ormone somatotropo. Ora un’obiezione, che sta diventando generale, di cui c’è più da riderne che altro, è che non sarebbe dimostrato che la somatostatina agisca contro i tumori. Ricordate, a questo punto, che io ho radici fisiologiche, provengo dalla fisiologia, e non me ne pento, perché la fisiologia mi ha dato modo di capire alcuni fenomeni che forse non avrei mai compreso come medico. A me interessa questo: che io una sostanza la conosca sotto il profilo – primo – della formazione biochimica; secondo, della formazione topografica; poi della sua distribuzione; dei meccanismi d’azione; del suo metabolismo, cioè del modo in cui viene eliminata la sostanza. Una volta che so tutto questo sull’uso della sostanza, non ho bisogno di apprenderlo da un terapeuta, perché la possibilità raziocinante ce l’ho anch’io…

Dopo tanti risultati (nell’81 avevo comunicato sull’impiego del farmaco in circa un migliaio di casi) e dopo tanto tempo, sentirmi dire che non è provata l’efficacia della somatostatina nei tumori, significa negare i fatti, smentire una realtà. Non sto a giudicare le ragioni che hanno ispirato questo comportamento, però se riguardasse il sottoscritto non conterebbe nulla; la questione è che riguarda degli ammalati che soffrono e che possono pagare con la vita un comportamento di questo genere. Ritengo che la cosa sia molto seria e che sia opportuno tenerla in attenta considerazione, perché indipendentemente dal sottoscritto ci sono folle di ammalati che sono perseguitati dal tumore. Nella mancanza quasi totale di rimedi efficaci contro il cancro, se esiste un rimedio efficace io credo sia colpevole colui che, sapendo che esiste, non l’adopera. Ancora più colpevole colui che, sapendo come stanno le cose, le smentisce e le atteggia in una luce totalmente diversa.

[…] Io sono stato soltanto un attento ed entusiasta seguace di tutta la letteratura. Però a proporre l’uso della somatostatina – di questo sono orgoglioso – sono stato io….. Visto che ho raccolto più di 500 citazioni degli ultimi anni sull’attività della somatostatina nei tumori, chi fa queste affermazioni non è tanto affezionato alla lettura di dati scientifici. Comunque i dati sono disponibili e tutti possono controllare.

[…] Ricordate il principio: un solo prodotto non guarisce mai alcun tumore. Occorre vi sia la collaborazione di diversi princìpi, perché l’eziopatogenesi è diversa, e noi dobbiamo incidere, con le varie sostanze che somministriamo, sopra le catene eziopatogenetiche diverse, per caso, per tipo di tumore. Allora si arriva. Allora si vince. Quindi, dire che i retinoidi non fanno un accidente, che la somatostatina è inutile, è malafede, ovvero espressione di ignoranza dell’essenza del tumore. Curare un tumore significa tenere in attenta considerazione tutta la catena eziopatogenetica. Fin quando riusciamo ancora a capirlo: perché la catena è lunga e noi non la conosciamo e, con tutta probabilità, non la conosceremo, perché conoscerla vorrebbe dire, in fondo, cogliere l’essenza della vita, dato che il tumore è proprio il punto di separazione tra la vita e la morte. Meglio ancora: della organizzazione della vita rispetto a quella che c’è dopo la morte.

Durante una pausa della conferenza

 

Intervengono molti medici, oltre trecento, ed una cinquantina di farmacisti. Molte le domande, alcune pertinenti, altre meno, ma si percepisce un’aria di interesse e di entusiasmo. Confusi tra tanti iscritti non mancano naturalmente inviati speciali …incaricati di riferire a chi non ha voluto o potuto assistere alla conferenza. Rimangono invece delusi certi medici affiliati agli indirizzi “alternativi” più empirici, che non sentono parlare di decotti, farmaci esotici, cartilagine di squalo, clisteri di caffè, ma di chimica, biochimica, fisiologia, neurofisiologia: discipline delle quali cui non sanno nulla, o hanno dimenticato quel poco appreso all’università.

Naturalmente l’evento non può insegnare ad alcuno a prescrivere il Metodo, ma potrebbe sensibilizzare gli intervenuti ad una nuova ed ampia visione della medicina, tracciare le linee fondamentali della terapia antitumorale, e soprattutto indurre a riprendere i libri in mano e studiare seriamente. Non pochi spacceranno invece l’attestato di partecipazione quale abilitazione a prescrivere una metodologia della quale non hanno colto l’essenza.

A distanza di tempo la vera utilità della fatica dello scienziato si può individuare nella testimonianza che ha lasciato; di prezioso aiuto a comprendere alcuni aspetti della sua concezione medico-scientifica; di denuncia delle ragioni di un’inesorabile e dolosa decadenza della medicina. Solo l’incapacità di percepire l’immensa vastità del sapere medico ed una mediocre intelligenza avrebbero potuto attribuire alla conferenza il potere di mettere a disposizione dei malati medici prescrittori. Pure accadde.

Si leva un sentimento di amarezza ripensando a questo e ad altri incontri con lo scienziato, perché indirettamente emerge il danno irrimediabile inferto alla medicina ed ai malati dalla pluriennale ostilità nei suoi confronti. Se Luigi Di Bella avesse potuto disporre a tempo debito – come sarebbe stato possibile e doveroso fare – dei mezzi, degli aiuti, delle risorse necessarie, invece di essere isolato, dover lavorare per altri come un mulo al basto e subire angherie di ogni genere, la medicina clinica e sperimentale avrebbe compiuto un epocale balzo avanti e sarebbero tornati, incredibilmente arricchiti e sviluppati, i tempi di Murri, Albertoni, Tullio.

Luigi Di Bella era in grado di unire alla sua opera clinica e di ricerca la capacità di selezionare e formare medici e ricercatori. Glielo consentivano non solo mente e cultura, ma anche un talento didattico raro, concordemente riconosciutogli da chiunque, studente o medico capace di comprendere, lo abbia avvicinato. Se avesse avuto la direzione di un reparto clinico e di un laboratorio universitario di ricerca, negli anni si sarebbe formato un gruppo scelto di medici e ricercatori impostati correttamente, in grado di replicare (per quanto possibile) la sua opera di clinico e di scienziato e di formare a loro volta nuove generazioni di medici e di ricercatori. Tutto questo è stato impedito e vanificato, con un danno incalcolabile sia per il progresso scientifico che per la vita e la sofferenza di milioni di esseri umani. Una conseguenza che, date le implicazioni umane, non può che definirsi autentico crimine contro l’umanità.

Anche i tanti che avevano istintivamente percepito l’eccezionalità dell’uomo, anche i pochi che non lo consideravano solo una florida mucca da mungere, ma un genio della scienza, sono incappati in questo imperdonabile errore: credere che bastasse una laurea in medicina per assimilare il suo universo di cultura e di pensiero attraverso seminari e conferenze. Una volgarità, più che un errore; una manifestazione di ottusità più che un grave equivoco.

La stessa insistente definizione di “Metodo”, che lo scienziato ha sempre dato al frutto della sua opera, sta a significare che non si tratta solo e tanto di avere individuato od elaborato una più o meno nutrita gamma di rimedi farmacologici, ma di un radicale e globale cambiamento di mentalità e di approccio medico-scientifico. Le sconfortate espressioni che più volte Luigi ha usato ed userà alla fine di incontri con medici (“non posso in poche ore rifare loro sei anni di medicina”) significano soprattutto questo. Pensarla in modo differente dimostra che non si è compreso nulla dello scienziato e della sua opera e che si assimila questa alle mortificanti concezioni della medicina da lui più fieramente avversata: la medicina protocollare. Da quanto detto si deve concludere che Luigi Di Bella ha vissuto ed operato come astro solitario e incompreso, contornato prevalentemente da persone, vicine e lontane, afflitte da angustia spirituale e microcefalia.

Il giorno di inizio della conferenza coincide con il suo compleanno, il 17 luglio e – manco a farlo apposta – con una conferenza stampa convocata dal segretario dell’Ordine dei medici di Modena, nella quale si propone al fisiologo….uno studio clinico controllato da realizzare presso il locale Policlinico. Luigi risponde ad un giornalista che lo interpella in proposito che lui si occupa di diagnosi e terapia e che della parte amministrativa deve interessarsi il Ministero della Sanità. Ma la mossa dell’Ordine, che forse intendeva spiazzare …astutamente (?) l’iniziativa, si rivela infelice, in quanto calamita l’attenzione della stampa sulla conferenza.

La psicologia complessa dell’uomo non rende facile indovinare le emozioni che prova nella circostanza. Se da una parte l’esperienza di vita lo ha reso guardingo, diffidente, disilluso, dall’altra l’amore per il prossimo e la semplicità di modi lo spingerebbero a credere alle profferte di amicizia e di stima che gli vengono rivolte. Vedere accorrere per ascoltarlo tanti medici (non possiamo usare l’appellativo “colleghi”…) lo ripaga, al momento, di tante amarezze, lo fa sentire meno solo e gli dà la confortante sensazione di essere capito. Certo, ci sono Pippo, Minuscoli e pochi altri medici stimabili; ma basterà sondare quale idea del metodo si sono i tanti che verranno a trovarlo in via Marianini perché si senta cadere le braccia.

Compie ottantacinque anni, e se la mente è affilata come lama di rasoio, le fatiche di una vita si colgono nella schiena curva. Come sempre parla in piedi, e suscita un sorriso ed un applauso nell’uditorio quando alla fine della prima mattinata dice: “Io vorrei chiedervi se siete stanchi e se riuscite ancora ad essere attenti”.

Le reazioni alla conferenza non tardano ed alcune sono esagitate. Con l’unico risultato di esasperare ulteriormente gli animi dei pazienti in cura e dei loro familiari, già indignati per l’ennesimo repentino aumento del prezzo della somatostatina.

Il 24/7 duecento malati in cura bloccano la piazza davanti al Ministero della Sanità, chiedendo che il farmaco – l’unico della terapia ad avere un costo (divenuto) esorbitante – torni ad essere dispensato gratuitamente come un tempo. Il ministro – riferiscono i giornali – è stata vista sgusciare dal ministero per una porta secondaria. Una delegazione viene ricevuta dal capo di Gabinetto e dal presidente della Cuf, mentre il Ministero chiede una documentazione con almeno cento casi. I giornali intanto riportano parecchie testimonianze che sconcertano l’opinione pubblica. Un quotidiano della capitale ne riporta tre31, che val la pena conoscere.

Un neuroblastoma al quarto stadio32.

[…] stava malissimo, i medici avevano già cominciato a somministrargli la morfina contro i dolori. Stava sdraiato su un divano e non riusciva più a camminare. Poi alcuni amici ci hanno detto ‘provate con Di Bella’. L’altro ieri mio figlio ha giocato a calcetto con gli amici, dopo venti giorni dall’inizio del trattamento.

Un secondo caso:

Mia moglie aveva un carcinoma al seno, si è operata e poi sottoposta a chemioterapia. Dopo 5 anni hanno scoperto che aveva 9 metastasi alle ossa e tre ai polmoni. L’ho convinta a tentare la cura Di Bella. Dopo tre mesi che la faceva ha ripetuto l’esame delle ossa, le metastasi erano quasi tutte scomparse. Oggi è tornata a lavorare.

Il terzo caso è descritto dalla moglie del paziente, che riferisce al giornalista:

Ho due figli, io sono casalinga e mio marito è idraulico, oggi è tornato a lavorare dopo che me lo avevano dato per spacciato. Ora mi vogliono negare la cura, ma noi come facciamo?

Un altro quotidiano raccoglie ulteriori testimonianze33.

Mio padre aveva avuto tra i quaranta ed i cinquanta ricoveri all’ospedale ‘Sandro Pertini’. Poi per puro caso ho voluto provare con le cure di Di Bella. Mio padre è guarito ed ora è ancora vivo.

Mio figlio ha solo otto anni, era al quarto stadio della malattia, avevamo inutilmente provato due cicli di chemioterapia, poi Di Bella l’ha guarito, ora mio figlio è al mare, in vacanza.

Mi avevano diagnosticato un linfoma maligno, avevo provato con la chemioterapia qui a Roma, in un centro ematologico, poi tramite un amico sono andato a Modena ed oggi già da un anno e mezzo posso fare una vita normale.

Di esperienze simili si potrebbero riempire interi libri e ci limitiamo a cenni fugaci per non appesantire questo nostro scritto. Non si tratta di malati immaginari né – come addirittura qualche caccola di corsia avrebbe insinuato – di persone pagate per testimoniare il falso: nessuno si meravigli se riferiamo come alcuni “bene informati”, che giuravano e spergiuravano che il cosiddetto Prof. Di Bella non era nemmeno laureato, avrebbero addirittura precisato la cifra pattuita per spacciarsi quali malati: trecentomila lire!

Tutti gli intervistati hanno ricevuto la diagnosi da reparti di oncologia ed ematologia e tutti hanno sperimentato l’insuccesso delle terapie usuali. La stampa riporta il più delle volte i loro nomi, cognomi e residenze e sarebbe facile controllare la relativa cartella clinica, studiarla, giungere, scientificamente, all’unica conclusione possibile: la terapia assicura risultati altrimenti preclusi. Ma nessuno degli oppositori del fisiologo si cura di farlo, troppo occupato a contestarlo e coprirlo di contumelie.

Uno di questi che, tanto per garantire serenità di giudizio, si vedrà assegnare un protocollo della sperimentazione del ’98, dirà: “…io vorrei avere i dati e la diagnosi sicura per dare un parere. Dove sono le cartelle dei malati curati dal professor Di Bella? […] magari andassero da lui solo i malati a cui è stato detto che non c’è più niente da fare […]”. Ed a proposito della conferenza di Roma: “Come premessa mi sembra abbastanza singolare organizzare un congresso su una cosa che non c’è perché, ripeto, i dati non esistono34. Peccato che molti pazienti fossero precedentemente passati proprio dalla sua osservazione – aveva quindi diagnosi sicura e cartella clinica – e che diversi fossero stati mandati a casa a morire.

Molti anni dopo, mentre proseguiva la “nobile” campagna d’odio e di diffamazione nei confronti del Prof. Di Bella – già da tempo nella tomba – chi aveva pronunciato quelle frasi offensive avrebbe perduto la moglie proprio per uno di quei mali che affermava di guarire nella quasi totalità, seguendola di lì a poco per un diverso tipo di tumore. Gioire della morte e del dolore di chi ci ha fatto del male é ignobile quasi quanto commetterlo, per cui questa citazione deve intendersi esclusivamente come riflessione ed ammonimento: nessuno, per quanto ricco, famoso e potente sia, sfugge ai casi della sorte che, a chi crede, può apparire a volte segno della giustizia divina o manifestazione di una misteriosa nemesi.

Tutta questa vicenda umana e scientifica ha avuto un solo protagonista, Luigi Di Bella, a parte l’anonimo “Grande Fratello” che lo aveva e lo avrebbe sempre contrastato. Sull’operato di comparse più o meno squallide, più o meno meschine, più o meno insignificanti, non è il caso di soffermarsi: alla storia interessa molto più una frase o una singola azione di un grande, dell’intera vita di moltitudini d’uomini dei quali può dirsi soltanto: nacque, visse, morì. Per questa ragione trascureremo “comparse” e fleurs du mal e ci concentreremo sul protagonista. Certe persone “pagano in anticipo” per il male che faranno nella vita – magari biascicando rosari – con la cecità verso bellezza, bontà, purezza.

In un’intervista del 4 agosto Luigi tocca alcuni punti che fanno comprendere in parte come viva questi momenti35.

Sono vent’anni che ho inventato la cura per guarire dal cancro; per questo ho subìto anche degli attentati […] .Forse c’è qualcuno che mi vorrebbe veder morto. Ma io resisto e vado avanti. E tutto questo polverone sollevato mi lascia nella più assoluta tranquillità.

Una piccola nota, forse inutile per il lettore attento: il Prof. Di Bella mai avrebbe usato l’espressione “ho inventato” …ed anche le espressioni, pur inframezzate da incisi troppo profondi per un giornalista, sanno di sovrapposti cliché di mestiere. L’intervistatore gli chiede se anche quel giorno avrebbe lavorato:

Certo. Non posso smettere di curare i miei pazienti. Anche se ho ottantacinque anni voglio seguirli personalmente. L’unica cosa che mi fa arrabbiare è che molto spesso arrivano da me quando la chemioterapia li ha già distrutti, debilitati. Non hanno più la forza per intraprendere una nuova terapia e quindi bisogna essere anche dei bravi psicologi, far capire loro che la vita è un’emozione troppo bella per buttarla via.

Ed a proposito dei rapporti con l’ufficialità sanitaria:

[…] non mi fido del mondo della sanità. Anche ora che il ministro Rosy Bindi si è rifiutata di liberalizzare la somatostatina, significa che c’è un boicottaggio verso la mia persona. Se vogliono un confronto devono essere loro a chiamarmi, io non prego nessuno. La mia cura è efficace, lo dimostrano i risultati. Posso guarire dal cancro, se non è troppo tardi e troppo avanzata è la malattia. Il resto per me sono solo chiacchiere.

Effettivamente non è il “polverone” a togliergli la tranquillità e men che meno la cronica grandinata di esecrazioni, critiche e ciance comaresche più o meno malevole, dato che involontariamente gli confermano d’essere nel giusto. Una targhetta appesa nella saletta d’attesa recita: “poco se mi considero, molto se mi confronto”: nonostante la sua innata umiltà sente l’abisso che lo divide dai detrattori. Ma lui, che aveva fatto proprio il motto di San Bernardo “Solitudo, sola beatitudo”, fino a sera ha persone intorno. Non è libero di prendere una boccata d’aria, con il laboratorio in perpetuo assedio, mentre può telefonare solo cogliendo l’intervallo fugace tra una chiamata e quella successiva.

Adolfo e Pippo debbono preavvertire della loro presenza davanti all’ingresso di via Marianini telefonando, se vi riescono, oppure suonando in modo da farsi riconoscere, aprire lesti il cancello e richiuderlo ancor più lesti alle loro spalle. Li accoglie sempre con un sorriso, un bacio, li invita a sedersi accanto alla poltrona della sua stanzetta; ma a volte, dopo un po’, reclina il capo sul petto e si appisola, sfinito da giornate che nemmeno un ventenne potrebbe sostenere. Se si legge per capire, allora occorre tenere nel massimo conto questa condizione di vita imposta dagli eventi allo scienziato. Ne parleremo più avanti.

Mentre si moltiplicano le interrogazioni parlamentari di onorevoli di tutti gli schieramenti, giungono direttamente al ministro della sanità innumerevoli lettere scritte da persone di ogni ceto, da ogni parte d’Italia, da persone semplici e persone colte, da uomini e donne dal credo ideologico e politico più disparato. E’ talmente inequivocabile l’attendibilità delle testimonianze – non attribuibili a moltitudini di creduloni e allocchi – da mettere in seria difficoltà gli spregiatori di mestiere, come li ha denominati Luigi, e qualcuno di questi, che evidentemente si distingue in un campo nel quale sarebbe meglio non distinguersi, farnetica di arcane doti di ipno-suggestionatore possedute dallo scienziato […]. Ci sembra che la lettera che citiamo per stralci, inviata anche alla titolare del dicastero della sanità, faccia giustizia di tante malevolenze. Fu scritta da Maurena Lodi, responsabile dell’ufficio stampa della Cgil36.

Avrei tante cose da dire. Il rischio è di dirne solo alcune. E magari le meno efficaci e con poca serenità. Ma dopo ‘le motivazioni’ con cui hanno bocciato il ‘Metodo Di Bella’ correrò questo rischio, anche perché conosco personalmente il professore e non tollero l’ingiustizia e l’arroganza […]. Il cinismo e l’approssimazione con cui hanno trattato mia madre i famosi primari e rispettabili professori (qualcuno addirittura agitò le corna, parafrasando i picchi delle alfa e gamma globuline, per definire in sintesi la sorte di chi è affetto da mieloma) bè francamente non mi sembrano l’esempio deontologico migliore.

E rifiuto i giudizi di carattere etico provenienti da tali pulpiti. A mia madre fu diagnosticato un mieloma all’età di 46 anni (1978). Il verdetto della cosiddetta medicina ufficiale fu unanime: ben che andasse le rimanevano tre anni di vita […]. Abbiamo continuato ad ascoltare pareri, a sborsare un’infinità di quattrini…

Abbiamo incontrato il Prof. Di Bella alla fine del 1979. Fu mia madre a volerci andare. Perché lo aveva conosciuto e ne aveva apprezzato l’immensa cultura, quel suo fare schivo, profondamente assorto, il saper ascoltare e fare diagnosi, magari appoggiando un orecchio sul corpo vestito. E ci aveva azzeccato con una sua zia che, anni prima, si era rivolta a lui per un carcinoma al seno, anzi due disse lui. Era esatto e ricevette la telefonata del primario che operò la signora congratulandosi per essere stato più preciso dell’esame radiografico.

Ma non aveva dato speranze, e infatti la zia morì. Dunque mia madre era disillusa. Ma volle provare lo stesso e il professor Di Bella le disse semplicemente che il mieloma è una malattia lenta, ma inesorabile. L’unica cosa che avrebbe potuto provare era di rallentarne il decorso che, data l’età di mia madre, si prevedeva purtroppo molto rapido. Fu cauto su tutto. Fece accertamenti scrupolosi […] le diede anche suggerimenti di educazione alimentare. Continuammo a seguire le sue terapie per due-tre anni, e questo nonostante il professore fosse spesso all’estero, in convegni e simposi internazionali […] posso dire che è vissuta per altri diciotto anni e discretamente.

La sua morte è avvenuta per cause connesse certamente alla malattia, ma coadiuvata dall’incuria (e perfino fastidio) con cui venne successivamente ‘seguita’ da altri medici, e da una sorte avversa, non ultimo un incidente stradale […]. Questa storia personale, che non avrei voluto mai raccontare tantomeno pubblicamente, è intrisa di esperienze dolorose, e a volte ripugnanti. Mi sono rimasti impressi il cinismo con cui alcuni medici si avvicinavano alla ‘malata terminale’, e il disprezzo ostentato non appena nominavamo il nome del professor Di Bella, trattandoci come stupide credulone.

Un oncologo si è permesso di dire: ‘come fa lei a sapere che sia merito delle cosiddette terapie di Di Bella se sua madre è ancora viva? Quello che fa il professore lo sa solo lui, e dunque la sfido a dimostrarlo’. Gli ho risposto, nonostante il mio sgomento e una intollerabile sensazione di vulnerabilità, che della sua sfida non mi importava nulla. Che il merito non andava comunque a lui, così bravo e professionale che si limitava a stupirsi della insistenza con cui mia madre si ostinava a vivere.

Se c’è una cosa che il professor Di Bella non ha mai fatto – non solo con mia madre ma anche con altre persone – è quella di alimentare false speranze.

Non ha mai promesso guarigioni miracolose. Non è un ciarlatano e nemmeno un business-man, visto che non vuole una lira né per le visite né per le terapie di cui eventualmente dispone. Ha una cultura infinita, ascolta con attenzione e soprattutto non è uno speculatore come chi, invece, dichiara alla stampa di avere sconfitto il virus Hiv, o altre simili illusioni. Il professore, come chiunque faccia seriamente della ricerca, avrebbe semplicemente bisogno di poter continuare il suo lavoro con il sostegno ed i mezzi necessari, con la stessa disponibilità che va concessa ad altre serie sperimentazioni nel campo medico….non mi stupisce che l’Italia sia tra i maggiori paesi che esportano cervelli. Ringrazio il professor Di Bella per non aver ceduto e per essere rimasto ostinatamente in Italia dove molti gli devono la vita. Questo è certo. E forse qualche pezzo grosso, per la sua irriconoscenza, non lo merita neppure.

In spregio a questa ed innumerevoli testimonianze, un oncologo, sul quale di lì a pochi mesi un quotidiano nazionale avrebbe rispolverato una bruttissima storia risalente al primo dopoguerra, sentenzia: “le solite illusioni a pagamento”!

Luigi rifiuta di abbassarsi a controbattere ai singoli esternatori, ma, di fronte a domande postegli da giornalisti, qualche volta dice quel che pensa senza peli sulla lingua: “c’è tutto un apparato enorme intorno ai tumori che, scoperta la cura, verrebbe distrutto. Quanto si spende con la chemioterapia? Dove andrebbero a finire gli oncologi?37

Esternazione dopo esternazione l’opinione pubblica sembra reagire come una moltitudine assopita che si ridesti, si muova inizialmente lenta e torpida, poi sempre meno incerta, incoraggiata dal vedere tanti, prima distesi, che si alzano, si muovono, cominciano a farsi avanti seguendo l’esempio dei più intraprendenti. Più contumelie, anatemi, scomuniche piovono sullo scienziato, più cresce e giganteggia la sua figura, più si chiarisce la percezione istintiva di una immane verità scandalosamente nascosta e di un disegno orrendo che si profila dalla nebbia in dissoluzione. Se trent’anni prima gli studenti che contestavano le baronie universitarie lo consideravano “uno di loro”, ora sono i malati, le loro famiglie, i cittadini trattati come carne da cannone a vedere in Luigi Di Bella un apostolo sceso tra la gente. E vedono bene.

A Modena le cose si mettono …male: duemila firme sono inviate al prefetto e ad altre autorità per chiedere libertà di cura38. L’ordine dei medici aveva convocato Luigi per la mattina del 19 agosto o “in una data di suo gradimento” (così, vista la “malaparata”, cercava prudentemente di addolcire il tono imperioso della raccomandata)39 per sottoporlo nei fatti ad una sorta di interrogatorio. Ma il Prof. Di Bella non pensa minimamente di recarsi in piazzale Boschetti, sede dell’ordine ed il presidente dichiara con ieratica solennità che “…è un fatto grave. Saranno assunte le decisioni più opportune”.

Perderà la sua solennità ben presto, quando si diffonderà la notizia dell’avvenuta presentazione di formale querela nei suoi confronti, in quanto Luigi si ritiene “diffamato dal suo Ordine, leso nella sua dignità, stanco delle calunnie degli Incompetenti” (incompetenti, nota bene, scritto con la “i” maiuscola…). Bizzarro, di fronte alla montante protesta, l’escamotage per evitare di alimentare ancor di più l’impopolarità raggiunta: l’Ordine ribadisce infatti che sull’uso della somatostatina nei tumori non esisterebbero studi clinici controllati secondo le norme di “good clinical practice”, ma allo stesso tempo dichiara che chiederà lumi sul rincaro del farmaco…

Pochi giorni dopo Luigi decide di esprimere la sua indignazione nei confronti della gratuità di critiche ed appunti mossigli scrivendo una nota, che sarà pubblicata da alcuni quotidiani40. La nota, dal titolo “domande senza risposta”, è costituita da diciotto domande idealmente rivolte alla composita coalizione avversa. Rimarranno davvero, e forzatamente, senza risposta.

  1. Come debbono essere i dati per essere considerati “verificabili”, oltre che appoggiati a cartelle cliniche e confermati dalle dichiarazioni dei pazienti?
  2. Quali speranze di guarigione di una patologia tumorale dà la chemioterapia?
  3. A quale articolo di legge si è ispirato l’Ordine dei Medici di Modena per diffidare i medici dal prescrivere la somatostatina per indicazioni diverse da quelle ritenute e dichiarate consuete?
  4. E’ dimostrata la “specificità” della somatostatina solo per un particolare tipo di tumori? I recettori della somatostatina si trovano solo o sono particolarmente concentrati nel tubo gastroenterico e ghiandole annesse?
  5. Un ordine provinciale dei medici ha capacità, facoltà, mezzi o autorità scientifica per esprimere giudizi sulle indicazioni di un farmaco già debitamente autorizzato ed ampiamente usato in tutto il mondo, nonché ovviamente approvato dal Ministero della Sanità?
  6. La spregiante qualifica di “cocktail” all’insieme dei farmaci del Metodo Di Bella, non esprime fra l’altro ignoranza sui principi di ordinaria farmacoterapia? Quante preparazioni galeniche, quante specialità sono costituite infatti da un solo principio?
  7. La chemioterapia non si avvale di associazioni di farmaci, opportunamente accoppiati, per allargarne il campo d’azione ed intensificarne l’effetto, con meccanismi diversi? Questa associazione è tanto lontana dai cocktails?
  8. Il meccanismo d’azione dei farmaci del protocollo D.B. è ampiamente documentato da tutta una bibliografia alla portata di chiunque. E’ obbligatorio far ripetere dall’Ordine quello che ogni medico moderno avrebbe il dovere di sapere?
  9. Il prezzo di un farmaco, per quanto elevato sia, non vale meno della vita di un uomo? Il costo deve costituire un valico insuperabile? Il medico deve mirare più alla salute ed alla vita o al denaro?
  10. Il costo dei farmaci del protocollo D.B. è in genere alla portata di quasi tutte le borse; non sono le notizie contrarie, artificiosamente gonfiate, e con pietoso e ipocrita altruismo ammannite, uno strumento giustificativo per respingere il protocollo D.B.?
  11. Una fiala di octreotide da 1 mg. costa poco più di 200.000 lire e può essere utile farla per alcuni mesi. Ma spesso bastano 0,5 mg., cioè 100.000 lire al giorno. Cifre di quest’ordine di grandezza le USL generalmente le concedono. Perché allarmare con spese ingigantite?
  12. Se il primo impiego della somatostatina nei tumori è stato comunicato da Di Bella nel 198141, la sperimentazione in effetti si estendeva ad una decina di anni prima. Occorreva proprio dimostrare l’esistenza di recettori della somatostatina nei tumori per intuirne e giustificarne l’uso? E la fisiologia del GH non lo prevedeva già prima?
  13. Il protocollo D.B. si fonda su una tetralogia di somatostatina, prolattina, carotinoidi e melatonina42. Non è un solo antiblastico, è un sistema fisiologico contro la crescita e non un tossico per i blasti. Perché, dopo tutto quello che si è detto e ripetuto si continua a travisare l’essenza del Metodo?
  14. Con l’impiego del “Metodo” (e non di una sostanza) si arresta o si rallenta la crescita di molte neoplasie, e può essere perfezionato ed integrato. E’ onesto bocciarlo? Chi ha gli elementi per respingerlo? Forse i mezzi attuati finora? E se si guardasse con la dovuta umiltà alla realtà e si avesse più rispetto per la vita umana e minore avidità di guadagno, la prognosi dei tumori diventerebbe peggiore?
  15. La conferenza di Roma è priva di valore scientifico? I 327 medici che vi hanno partecipato ed hanno ampiamente discusso per due giorni, erano uno più sprovveduto dell’altro?
  16. Se un’acquisizione scientifica è oggetto di “sporadiche” citazioni, ciò significa che è errata e va respinta?
  17. Perché una nota abbia dignità scientifica dev’essere pubblicata solo su riviste americane?
  18. L’inarrivabile e ferrea logica clinica di Murri, l’eccezionale versatilità clinica di Cardarelli valgono niente di fronte alla “good clinical practice”? Abbiamo bisogno di imparare anche ad esprimerci da coloro che hanno imparato da noi?

Con queste argomentazioni, dimostrazione della sua logica ferrea di scienziato, Luigi strappa tutti i paludamenti di similoro e le vesti sontuose che coprono la deforme, rachitica, fetida nudità della medicina contemporanea. Se il Grande Fratello era già determinato a fermare una terapia, ora sa che deve precipitarsi a fermare l’uomo che sta facendo vacillare il suo scranno.

Il destino aveva riservato a Luigi la battaglia più dura nel tardo autunno della sua esistenza.

 

 


1. Lo scienziato enuncia in questo passo la natura dell’azione propria del metodo: azione che non è sommatoria, ma fattoriale. Avendo ad esempio 4 farmaci, l’efficacia sommatoria sarebbe di 4; quella fattoriale 24.

2. Tra le agenzie di stampa: Ag. Globalpress 12/12/96, Ag, giornalistica Fidest 10/1/97, Ag. AGI 20/1/97, AGI Sanità 21/1/97, ADN Kronos 23/1/97. Riviste mediche: minerva Medica dic. ’96, Leadership Medica dic. ’96, L’Informatore Farmaceutico dic. ’96, Il Giornale del Medico 12/12/96, Tecniche Ospedaliere gennaio ’97.

3. Luigi Di Bella: “Relazione per il Convegno di Reggio Calabria – 25 gennaio 1997”. Da “Melatonina – dalla ricerca agli interventi. Aspetti anatomo-fisiologici, clinico-terapeutici e problematiche sanitarie”, Edizioni Euromeeting, 1997.

4. Ib., pag. 20.

5. “Il Giornale” 8 gennaio 1997; “Il Resto del Carlino”, 8 gennaio 1997.

6.Il Centro”, 4 febbraio 1997.

7. Caso di Linfoma di Burkitt successivamente pubblicato su una rivista scientifica internazionale.

8. “La Gazzetta di Modena”, 19/4/97.

9. “La Gazzetta di Modena”, 26 aprile 1997.

10. Comunicato del 27 maggio 1997, prot. 1964, Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Modena:

Si trasmette il seguente comunicato con preghiera di diffusione. Il Presidente dell’Ordine dei Medici: NO alla cura di Di Bella.
Il Presidente dell’Ordine dei Medici di Modena Dott. D’Autilia, in relazione alle notizie diffuse dai mass media riguardo terapie a base di Somatostatina prescritte dal Prof. Di Bella per curare patologie tumorali, precisa che:
1 – non esiste alcuna evidenza scientifica sulla attività antineoplastica della somatostatina ad eccezione dei tumori neuroendocrini, percentuale peraltro assai modesta nel complesso delle neoplasie (max 1%);
2 – l’esame della letteratura internazionale sull’efficacia della somatostatina nelle terapie delle leucemie e dei linfomi, come afferma il Prof. Di Bella dimostra una assoluta mancanza di effetti in senso antitumorale;
3 – i medici sono diffidati dal trascrivere le terapie prescritte dal Prof. Di Bella quando queste prevedano l’utilizzo della somatostatina per la cura di malattie non inserite nel foglietto illustrativo che accompagna il farmaco;
4 – le case farmaceutiche non hanno mai sviluppato questo farmaco in senso antitumorale né a livello di ricerca né sul piano promozionale;
5 – non è etico prescrivere trattamenti farmacologici di alto costo che implicano grossi sacrifici da parte dei cittadini quando non esiste alcuna evidenza scientifica della loro efficacia.

11.Somatostatin-Analog (Octreotid) in klinischen Einsatz: Neuere und potentielle Indikationen”: Meier-R, Dierdorf; Gyr-K – Schweiz-Med-Wochenschr. 1992 Jun 20; 122 (25): 957-68. (“L’effetto antiproliferativo dell’octreotide ne consente l’uso anche in pazienti con recettori della somatostatina positivi, affetti da tumori solidi non endocrini…”).

12.Non-endocrine applications of Photostatting and nucleotide acetate: facts and flights of fancy”: Mozell-EJ; Woltering-EA; O’Dorisio-TM – Dis-Mon. 1991 Dec; 37(12): 749-848.

13. The contribution of cytotoxic chemotherapy to 5-year survival in adult malignancies – PMID: 15630849 DOI: 10.1016/j.clon.2004.06.007 – https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/15630849/

14. SURVIVAL AFTER CANCER / Cancer survival figures are misleading – Jason L Oke senior statistician Nuffield Department of Primary Care Health Sciences, Oxford OX2 6NW, UK – BMJ 2014;348:g3315 doi: 10.1136/bmj.g3315

15. https://it.wikipedia.org/wiki/Duilio_Poggiolini

16. https://www.ilpost.it/2019/03/26/duilio-poggiolini-assolto-emoderivati/

17. https://www.altroconsumo.it/salute/farmaci/news/avastin-laifa-blocca-luso-per-curare-la-retina

18. “La Nazione”, 29/5/97.

19. Giorgio Boschini, “La Voce”, 12/6/97.

20. Forma nella quale era stata realizzata dallo scienziato la Melatonina coniugata, successivamente resa disponibile in compresse.

21. Chemioterapico a tutt’oggi impiegato nei reparti di ematologia.

22. La casa editrice in meno di un anno avrebbe registrato la quarta ristampa.

23. Si tratta del progetto voluto dall’allora Presidente Usa R. Nixon e divenuto legge dello Stato, finalizzato a conseguire la vittoria sul cancro in un breve volger d’anni tramite l’incentivazione, l’organizzazione ed il finanziamento della ricerca. Il Nat. C. Act venne firmato il 23 dicembre 1971.

24. Quella che lo scienziato si limita a definire “impressione” (sarebbe forse stato più consono parlare di “constatazione”), é in realtà un dato di fatto recentemente dimostrato da ricerche pubblicate.

25. Il Leukeran è un farmaco chemioterapico usato sin dagli anni sessanta – e ancora oggi in uso! – prevalentemente per la terapia di patologie ematologiche.

26. “Un furfante ed uno sciocco sono delle piante di ogni anima”.

27. Ellis, R.J.: “The Chaperonins”. Acad. Press, San Diego, 1996, pagg. 323).

28.Secondo il modesto parere di chi scrive, il più probabile o frequente meccanismo d’azione delle ‘chaperonine’ nei tumori dovrebbe estrinsecarsi attraverso l’idrolisi di ATP, ADP, AMP in legame con l’adenosina o in legame d’idrogeno con la MLT”: Luigi Di Bella, op. cit., pag. 75.

29. Luigi Di Bella, L. Gualano, F. Tomassi, E. Mussati, GC. Minuscoli: “Cytoclhalasin B and Melatonin in platelet production” – Sr. Petersburg, XXXIII IUPS Congress, 30/6-5/7/1997.

30. Fra l’altro, nell’aprile ’97 il Dr. Pagni aveva avanzato la proposta di sospendere per un anno le immatricolazioni alla facoltà di Medicina e le iscrizioni alle scuole di specializzazione, originando aspre critiche da parte di studenti e di medici. Ma l’episodio che aveva suscitato il maggior clamore aveva riguardato la posizione di Pagni contro un medico romano, il Dr. Pierfrancesco Dauri, ricoverato all’ospedale San Giacomo in seguito ad un incidente stradale in data 11/6/97. Il medico accusava violenti dolori addominali, ma i colleghi del nosocomio minimizzavano, parlando di una “semplice frattura costale”. Un’ecografia, effettuata due ore dopo per l’insistenza e le proteste di Dauri e della moglie, rivelò un’emorragia addominale con gravi lesioni epatiche. Dauri pretese il trasferimento ad altro ospedale, dove fu operato e salvato. Successivamente, scrisse una lettera di protesta al Messaggero e preparò una denuncia contro i vertici del San Giacomo, alla quale fecero seguito un’ispezione disposta dallo’assessore regionale alla sanità ed una denuncia dell’Associazione degli Utenti e dei Consumatori. Il Dr. Pagni criticò la reazione di Dauri per le sue “esternazioni”, dichiarando che “…ha sbagliato e dovrà risponderne all’Ordine provinciale competente in materia disciplinare […] il Dr. Dauri ha danneggiato la credibilità della categoria…”. Si può ben comprendere il successivo titolo di un quotidiano, in relazione all’episodio: “Zitti e allineati!”.

31. Il Messaggero, venerdì 25 luglio 1997, pag. 7.

32. In ideale continuità con l’opera del padre, undici anni dopo Giuseppe Di Bella avrebbe pubblicato su una accreditata rivista scientifica internazionale proprio un caso di neuroblastoma risolto con MDB. Si tratta di un bimbo, dell’età di sette mesi nel 1998, affetto da un voluminoso neuroblastoma retroperitoneale di cm 4×8, sul quale la terapia ha prodotto, in sei mesi, una risposta obiettiva del 50%, quasi totale ad un anno, completa a 14 mesi, con guarigione e assenza di malattia da oltre dieci anni. Cfr.: Neuro Endocrinol. Lett. 2008 Dec 29;29(6).

33. Il Tempo, 25/7/97, pag. 7.

34. Il Messaggero, 2/8/97, pag. 10.

35. Il Giornale, pag. 30.

36. La lettera fu pubblicata sulla Gazzetta di Modena dell’8 agosto 1997, pag. 15.

37. “Il Tempo”, 12 agosto 1997.

38. Gazzetta di Modena e Resto del Carlino dd. 23/8/97.

39. Il Tempo, 20/8/97.

40. Tra gli altri, Il Tempo (29/97) ed il Resto del Carlino (12/9/97).

41. Lo scienziato si riferisce alla comunicazione di Atene, nella quale aveva riferito più ampiamente che in precedenti congressi sull’uso della somatostatina.

42. Come chiarito in altre occasione,lo scienziato parla di tetralogia riferendosi a quattro tipologie di sostanze, e non, numericamente, a soli 4 princìpi attivi.

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